Massimo “Ice” Ghiacci (bassista e compositore dei Modena City Ramblers) e Marco Goran Ambrosi (chitarrista e compositore nei Nuju) si incontrano e formano La Rosta, un combo dal nome vagamente alimentare (ma in realtà è il nome di un quartiere di Reggio Emilia).
E La Rosta pubblica Roba lieve, undici canzoni che mescolano sapori e aromi diversi, dall’acustico all’elettrico, dal folk al rock, dall’Emilia al West. Le canzoni sono state mixate da Andrea Rovacchi nello studio Bunker di Rubiera (RE).
La Rosta traccia per traccia
Si parte con Per un momento ancora, ballata con tratti folk e qualche retrogusto western. Canzone sui binari n. 1 danza mediamente allegra o mediamente triste ancora con idee folk e con un testo piuttosto ricco di racconti e suggestioni letterarie. Ecco poi la title track, Roba Lieve, che aggiunge qualche pizzico di elettronica al paesaggio. Il testo punta a ricordi lontani, come spesso nella poetica migliore di Ghiacci.
Solitudine abbassa i ritmi e percorre la prateria a cavallo di sentimenti non troppo positivi. Piuttosto coerente, a livello di titolo e testo, Troppo tempo qui da solo, che però torna a danzare a ritmi sostenuti, con un a sottotraccia simil-punk che non può non far pensare ai Pogues di qualche anno fa.
A seguire Via Adua, uno strumentale che introduce a Tra i tuoi suoni, che apre di pianoforte e si muove sommessa, uscendo un po’ dal pattern folk per inoltrarsi in mondi più cantautorali (e fa pensare al Capossela più notturno). L’estate dell’80 invece apre di armonica a bocca, raduna alcuni ricordi (la “bomba” citata nel testo è presumibilmente quella della strage alla stazione di Bologna, appunto dell’agosto dell’80) e saltella tra sensazioni vintage.
Le lucciole scintilla un po’ e fa risuonare la chitarra, in un brano ricco soprattutto di rimpianto. Racconti di vita quotidiana all’interno di Emma, mentre si chiude sui cori e le atmosfere misteriose di Lizzy Luz.
La Rosta evita il rischio di far risuonare nel disco troppa nostalgia aggiornando un po’ le sonorità, anche se la sostanza rimane folk e ancorata alle radici dei musicisti, ma non si vede come potrebbe essere altrimenti. Il risultato è positivo.