Recensione: Pedro Navaja SoundMachine, “¡Grita la Noche!”
Si chiama ¡Grita la Noche! l’ultimo disco di Pedro Navaja SoundMachine, combo multietnico che arriva al secondo lavoro, autoprodotto come etichetta Pedro Navaja SoundMachine, mixato da Alessandro Nozza. Il disco è composto da dodici brani con alla voce principale la cantante cilena Paola Escobar, che dopo il disco ha proseguito il proprio percorso, lasciando il posto a Valeria Nieves.
La pachanga del gruppo, che conta su membri del Centro e del Sudamerica, ma anche su un bassista dello Sri Lanka e su membri salentini e liguri, si dipana tra ritmi ora morbidi ora più aggressivi.
Pedro Navaja traccia per traccia
Si apre con Santera, che apre acustica e minimal ma che poi sboccia a fiesta latina nei passi successivi, con tratti di durezza del suono che non si smarriranno nel resto del disco. Più moderata e leggermente più cupa La Palomita, con i fiati a fornire qualche scintillio.
Molto in evidenza tromba e cori in Rumba de Luna, con una ritmica molto incisiva. Più cadenzata El Macaco, che però non rinuncia a una certa aggressività di carattere, accompagnata anche da una certa dose di ironia. Ci si sposta in zone arabe con Bangra, anche se i fiati riportano immediatamente in zona latinoamericana; il cantato rap conferisce maggiore sostanza al pezzo.
La Calavera porta i segni del dramma e della passione, sempre con un drumming sostenuto e i fiati a sottolineare i vari passaggi della canzone. Ambientazione molto più urban per Wake Up, che cala gli strumenti in un clima più notturno e concitato.
Popolo si dimostra altrettanto incisiva e intensa, con un buon dialogo tra voce solista e coro. Dopo una lunga introduzione strumentale, Camaron prosegue in un discorso che mette insieme le sonorità della pachanga con il cantato hip hop, con risultati spesso molto affilati. Ci si avvicina a ritmi più rock con Dinero, palesemente influenzata dal punk ma suonato nel deserto del Sonora.
Genova Chango rallenta i ritmi e racconta la città con ritmiche morbide e appoggiate con cautela. La tarantella, citata nel ritornello e in un inciso in italiano, salta fuori in modo un po’ incongruo, nonostante le influenze pugliesi della band. Violeta chiude con trombe molto acide e con un discorso in spagnolo che onestamente non riconosciamo (posto che Violeta dovrebbe essere Violeta Parra, la voce dovrebbe essere quella di Salvador Allende prima del colpo di stato di Pinochet).
Un lavoro molto completo e ricco di sensazioni positive, quello di Pedro Navaja SoundMachine, con un’attenzione particolare a non mostrare soltanto la faccia “solare” della pachanga. Senza dubbio i live conseguenti saranno molto apprezzati dal pubblico della band.
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