Recensione: Yato, “Fuck Simile”
Primo album in italiano di Yato, nome d’arte di Stefano Mazzei: otto brani (sette tracce più un remix) fra cantautorato ed elettronica, alternative rock e dance, riuniti nel nuovo Fuck Simile.
Yato traccia per traccia
La prima traccia è Servo di un’idea, che prende il via da un loop/ritornello (“loro non ritengono inopportuno che”) che si appoggia su basi elettroniche piuttosto tirate. Si va in acido con Ormonauti, che propende per un mood sostanzialmente dance, con qualche sensazione dark wave (zona Depeche) che si muove sullo sfondo.
Si passa a un recitato/sussurrato nelle oscurità di Angoli di, ambigua e serpeggiante, ma in crescita continua. Oscurità sparse ma voce che risuona più potente all’interno di In-Nocuo, brano che scopre vertici piuttosto acuminati man mano che si procede.
Tastiere vintage e atmosfera un po’ più rilassata in Mondo Corrotto, comunque punteggiata da un drumming appuntito. Solo al piano solo non mantiene propriamente fede al proprio titolo, ma è una passeggiata notturna che vede affacciarsi panorami diversi durante il percorso.
Viziù tenta una via morbida ma anche in questo caso piuttosto ben ritmata. Il mood meditativo della canzone si alterna a momenti più aggressivi, qualche pizzico di ironia e particolarità lessicale, in soluzioni di chiaroscuro piuttosto interessanti. Il disco si chiude con il remix di Servo di un’idea.
Buon disco quello di Yato, che rivela scorci dei propri mondi oscuri aiutandosi con sensazioni elettroniche piuttosto concrete, e con una più che discreta attenzione alla ritmica.