Si chiama Kykeon il nuovo album della shoegaze band italiana Rev Rev Rev. Già dall’esordio nel 2013, la band, di base tra Modena e Bologna, è stata ripetutamente lodata come una delle migliori della rinascita shoegaze degli anni ’10. Hanno portato il loro live show in giro per l’Europa e la Gran Bretagna, trovandosi a dividere il palco con The Telescopes, The Jesus and Mary Chain, Brian Jonestown Massacre e Ringo Deathstarr.
Il nuovo album, prodotto da James Aparicio (Spiritualized, Mogwai, Cult Of Dom Keller), è il primo ad essere pubblicato dalla storica etichetta psichedelica inglese Fuzz Club. Un certo senso di pericolo e di perdita di controllo corre lungo tutto l’album – solo scendendo a esplorare l’oscuro si può poi volare nello spazio siderale.
Rev Rev Rev traccia per traccia
Si parte forte e in modo molto robusto con Waiting for Gödel (gioco di parole che piacerà ai filosofi e ai matematici), traccia di apertura che sembra indirizzare più verso lo stoner che verso lo shoegaze.
Il viaggio oscuro prosegue con Clutching the Blade, altro brano dalle sensazioni forti e dalle ambiguità evidenti.
3 Not 3 mantiene alti volumi e livelli di potenza, ma comincia a far fluttuare i suoni nel modo più caratteristico. Si rimane però sotto cieli piuttosto plumbei.
Inizio importante e altisonante, quello di Gate of the Dark Female: un passaggio sotto un portale monumentale che ha molta forza evocativa e chitarre e drumming all’altezza.
Si controlla il ritmo e si costruisce in altezza con One Illusion Is Very Much Like Another, con le voci che si muovono in un background piuttosto affollato.
Molto serrata e ancora a caccia di oscurità, ancorché piuttosto composite, Egocandy, che finisce tra riverberi e feedback.
Rumorosa e nervosa ecco Sealand, che tira i suoni fino a farli acuti e che si tramuta in un viaggio tra venti molto intensi.
Adrift in the Chaosmos è il primo pezzo che si può definire shoegaze a pieno titolo, classiche oscillazioni sonore comprese, anche se ha parti più muscolari.
Si rimane in cieli con nuvole dai colori intensi con Summer Clouds, che lavora un po’ di percussioni e di voci.
I suoni si fanno enormi con Cyclopes, che picchia forte e sul giro della batteria organizza una sorta di duello western.
L’album decide di chiudersi con Spots on a Dice, brano che incalza fino alla fine con grande intensità.
Che tipo di periodo devono aver attraversato i Rev Rev Rev? Difficile da dire, comunque se si legge attraverso i suoni del nuovo disco si direbbe scuro, crudo, per niente facile. Ne esce un disco che non brilla ma scava, inoltrandosi in miniere di pensiero e di suono per niente dreamy.
Anzi, qui e là si potrebbe parlare di una svolta decisa verso la dark wave, che avevano sempre costeggiato ma mai affrontato così di petto. Peraltro, le band che hanno il coraggio di affrontare i cambiamenti sono sempre le benvenute, a nostro parere.