Risorse Umane, “Stanza 5 – Piano Terzo”: recensione e streaming

La nostalgia di un tempo imprecisato, la gioventù perduta che riaffiora in una schiera di ricordi disordinati. Il nuovo ep delle Risorse Umane, Stanza 5 – Piano Terzo, è un accumularsi di vecchie istantanee consumate dal tempo, ritratti imprecisi di una realtà misteriosa. In un mix di emozioni e sensazioni, le suggestioni post punk de Il Dormitorio e dell’unico singolo GRUPPI D’ASCOLTO per persone silenziose si mescolano alla new wave di Guardare le gru e ai tratti più delicati de La grande scena Trap degli anni ‘10. Il risultato è un album fotografico capace di raccontare un mondo che svanisce sempre più velocemente. Un progetto breve e sfuggente come un ricordo che scompare.

Prima di essere risorse, siamo stati umani, per la precisione giovani umani. In questo ep è racchiuso quello che ci ricordiamo di quel tempo. Se questa operazione sia una classica celebrazione dell’età dell’oro o un subdolo processo di galvanostegìa è difficile a dirsi

Risorse Umane traccia per traccia

Sensazioni electro quelle che caratterizzano l’apertura de Il Dormitorio, che racconta loop burocratici e pensieri che conviene pensare, in un brano vertiginoso e intossicante.

Osservazioni e nostalgie si affollano in Guardare le Gru, che un po’ sussurra e un po’ strappa, per cercare di descrivere una solitudine che forse è senza speranza, ma sicuramente ha molte domande.

La grande scena trap degli anni ’10 è un affresco acustico e vagamente irridente, ma sicuramente preciso e profondamente malinconico, a dipingere più una generazione che un genere.

Ecco poi a chiudere GRUPPI D’ASCOLTO per persone silenziose, con un retrogusto di Massimo Volume e di ossimori. Un battito abbastanza ossessivo sottolinea un brano che sembra uscito da un romanzo di Auster, con attitudini narrative e pochi spiragli in fondo.

Un pugno in faccia, ma piuttosto motivato: le Risorse Umane si divertono a calare le proprie storie in acido, estraendole e mettendole sul tavolo per vedere l’effetto che fa. E l’effetto è buono, anzi cattivo e tagliente, significativo e talvolta doloroso. Quattro pezzi per raccontare la solitudine e la mancanza di prospettive.

Genere musicale: alternative, post punk

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