Roberto Vecchioni: sogna, ragazzo, sogna #sottotraccia

Come da tradizione (recente) dedichiamo agosto alla lettura: per il 2024 abbiamo deciso di ripubblicare una serie di pagine tratte dal volume “Italia d’autore” (Arcana, 2019), dedicato ai grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana

Roberto Vecchioni nasce a Carate Brianza (Milano) il 25 giugno 1943 da genitori di origini napoletane. La scelta della facoltà universitaria, alla Cattolica di Milano, è Lettere classiche e condizionerà l’altra attività di Vecchioni, quella di professore. Ma non si può dire che le lettere, e tutto ciò che ne consegue, non lascino traccia anche nelle sue canzoni.

Gli inizi sono piuttosto rapidi: già nel 1966 traduce Barbra Ann dei Beach Boys per i Pop Seven ed è sua la voce, nella versione italiana, che dà inizio alla canzone con «Bar bar bar/Bar Barbra Ann». Avrà modo di dare contributi anche più significativi in seguito: nel frattempo prosegue la gavetta, scrivendo canzoni per signore della musica come la Vanoni, la Zanicchi, la Cinquetti, contributi che, anni più tardi, avrà modo di stigmatizzare in Lamento di un cavaliere dell’Ordine di Rosacroce: «Ma una canzone d’amore/che è scappata dal cuore/l’ho venduta due volte/ad altrettante distinte signore».

Conosce Guccini, partecipa come autore al Festival di Sanremo e scrive tanto. Finché non inizia a comporre per sé stesso: il primo singolo, del 1968, è La pioggia e il parco, ma non lo compra quasi nessuno. Ci riproverà qualche anno più avanti: nel 1971 incide un inno per la squadra del cuore, l’Inter, che pur cantato dal calciatore Mario Bertini, fa da apripista per composizioni di altro tipo. È infatti dello stesso anno il primo album, Parabola, che contiene Luci a San Siro, affresco perfetto sia della Milano degli anni Sessanta, sia di un determinato contesto e di un certo mondo vischioso da cui evidentemente Vecchioni si sentiva soffocato.

Nel disco, in cui suonano anche Tullio De Piscopo e Franco Cerri, ci sono Parabola, Povero ragazzo, Per la cruna di un ago: non è il massimo quanto a qualità d’incisione, anche perché lo studio di registrazione è pagato soltanto per tre giorni, ma comincia a riscuotere qualche attenzione e a gettare una certa luce anche sulle qualità vocali di Vecchioni.

Fino a Samarcanda io ti guiderò

Nel 1972 c’è un nuovo tentativo sulla lunga distanza, Saldi di fine stagione, che si avvale della collaborazione di un paio di componenti dei Nuovi Angeli, per i quali il cantautore milanese aveva scritto Donna Felicità e Singapore.

Le tematiche d’impronta classica sono toccate e spesso esplorate con tono ironico e scanzonato in pezzi come Aiace, con tocco elegiaco nella Leggenda di Olaf, mentre Archeologia parla di ricordi antichi. Altre canzoni notevoli sono I pazzi sono fuori e Giramondo, ma manca il vero singolo d’impatto. Vecchioni intanto scrive, per sé e per altri, continua a irrobustirsi e a frugare nel compartimento della nostalgia: nel 1973 partecipa a Sanremo con L’uomo che si gioca il cielo a dadi, dedicata a suo padre e inclusa nel disco omonimo. Sempre nel 1973 esce anche il re non si diverte, di cui dice:

Registrammo il re non si diverte con una sola idea chiara: fare delle cose completamente diverse da quelle che avevo fatto prima e in questo senso il disco è pienamente riuscito, perché, se prima era tutto scritto e previsto, ora c’era molto spazio per l’improvvisazione o addirittura per la confusione

Il disco riceve il premio della critica discografica italiana, ma l’alternanza tra alto e basso prosegue nella carriera di Vecchioni: nel 1974 porta, con scarso successo, La farfalla giapponese a Un disco per l’estate. A suo nome c’è anche un album intero che comprende le sigle del cartone animato Barbapapà, mentre nel 1975 esce Ipertensione, composto da canzoni forse più centrate e coerenti rispetto agli immediati precedenti: c’è Canzone per Laura, c’è I poeti, che continua un filone mai esaurito di polemica contro una certa casta d’intellettuali, che non hanno mai voglia di sporcarsi le mani.

C’è Alighieri, forse la più legata alle aule d’insegnamento che frequenta nel tempo libero; c’è Pesci nelle orecchie, che Vecchioni reinciderà più avanti tagliando parte degli otto minuti originari. C’è uno stile che ormai ha preso forma, che riesce a cambiare registro con grande disinvoltura. Nel 1976 pubblica Elisir, un passo ulteriore verso la perfetta focalizzazione dei temi, con risultati anche sorprendenti nel campo della biografia in formato di canzone: su tutte A.R., dedicata a Rimbaud (non tutti i poeti sono cattivi poeti) e Velasquez, di cui a volte si cita l’influenza del Neil Young di Cortez the Killer nell’uso della chitarra all’apertura della canzone e di cui non si può che apprezzare il respiro largo, l’attenzione ai particolari, il tono epico.

Ci sono poi Un uomo navigato, Pesci e pani e soprattutto Figlia, ballata “politica” che mescola speranze e delusioni, con lieve prevalenza delle seconde. Nel 1977 è tempo di raggiungere Samarcanda e con essa il successo, anche commerciale, e di iniziare una seconda fase della carriera, un po’ meno soggetta alle idee delle eventuali case discografiche. Successo che si conferma con Calabuig, Stranamore e altri incidenti del 1978, in cui il circuito vita personale/letteratura si arricchisce di suggestioni cinematografiche.

Da notare Il capolavoro, Sette meno uno (il cane, la volpe, la civetta, il fagiano, il cavallo, il falco) e soprattutto Stranamore (pure questo è amore), affermazione anche commerciale grazie sia al ritmo rock incalzante e molto vivo, sia a un testo che sa parlare, come al solito, di episodi di vita reale (il padre, la moglie, un’aggressione fascista), così come di Alessandro Magno, che conquista il mondo e si chiede che farsene (o meglio, come dice la canzone, «quando fu di fronte al mare si sentì un coglione»).

Un signore così così

Il 1979 è un anno problematico per Vecchioni: c’è il rapporto sempre più complesso e ormai prossimo alla fine con la moglie Irene, ci sono problemi discografici e soprattutto c’è un arresto per spaccio di sostanze stupefacenti: l’accusa si riferisce a un episodio avvenuto durante una serata alla Festa dell’Unità di Marsala, nel 1977, quando il cantautore avrebbe offerto uno spinello a un ragazzo quattordicenne. Accusato dal ragazzo, Vecchioni è arrestato e rilasciato dopo alcuni giorni; più tardi il ragazzo ritratterà, ma il processo prosegue per qualche anno, per concludersi alla fine con l’assoluzione.

La detenzione di Vecchioni però è prolungata dal fatto che il giudice istruttore di Marsala fa arrestare il cantautore e poi va in ferie, rimandando l’interrogatorio al proprio ritorno. Così nascono un paio di canzoni, Signor giudice (un signore così così) e Lettera da Marsala che sono direttamente influenzate dall’esperienza vissuta in prima persona: la prima si può considerare un “attacco alla magistratura”, ma dopo anni di Berlusconi, Dell’Utri, Ghedini eccetera forse sarebbe il caso di coniare un’espressione differente per questo tipo di circostanze.

Le due canzoni finiscono su Robinson, come salvarsi la vita che esce nell’autunno del 1979 e che comprende anche Mi manchi, Robinson, una reincisione di Luci a San Siro e Roland (chanson de geste/chanson sans geste), con la consueta alternanza tra serietà e ironia. Nel 1980 uscirebbe Montecristo, che proseguirebbe i discorsi letterari, soprattutto incentrati su personaggi particolarmente carismatici, e che vedrebbe Vecchioni avvalersi anche della collaborazione di altri cantautori, come Lucio Dalla, Eugenio Finardi e Antonello Venditti, nonché di Andrea Pazienza per la copertina.

Se non fosse che dopo l’album Robinson, come salvarsi la vita inciso per la Ciao Records, Vecchioni era tornato alla Philips. Ma la Ciao Records non l’aveva presa benissimo e appellandosi all’inadempienza del contratto, aveva fatto causa al cantautore; vinta la causa, la casa discografica fa ritirare dal commercio il disco e ne fa distruggere i master analogici originali; cosa che ha reso impossibile, finora, la ristampa in cd.

Bisognerebbe chiedersi se sia proprio necessario cancellare il lavoro delle persone per una mera questione di soldi, che perciò andrebbe liquidata con altri soldi, ma tant’è. Vecchioni incassa la sconfitta e si ferma per qualche tempo, risolve finalmente il rapporto con la prima moglie e lo fa in maniera così positiva da sposarsi una seconda volta, con la scrittrice Daria Colombo. Nel 1982 è probabilmente un Vecchioni più pacato quello che confeziona Hollywood Hollywood, che porta con sé un altro successo con Parigi (o cara), in cui una voce femminile, profetica quanto mai, dice nel finale: «I delinquenti di oggi saranno i dirigenti di domani».

Per amore mio

Sicuramente si è concluso il periodo della produttività continua e della necessità quasi fisica di pubblicare un disco all’anno, come se rallentare significasse perdersi. Forse a tirare le redini e a ripensare a quanto fatto contribuisce anche il Premio Tenco alla carriera, ricevuto nel 1983 in coabitazione con Paolo Conte, Giovanna Marini e Alan Stivell. Dopo la raccolta Il grande sogno, il primo disco di inediti è Bei tempi del 1985, con La mia ragazza, Fata e Livingstone.

Nel 1986 arriva Ippopotami, probabilmente non l’album meglio riuscito della carriera, che provoca anche la frattura con il produttore di sempre, Michelangelo Romano, nonché tre anni di silenzio. Fino a Milady, del 1989, che recupera parte della forma artistica di un tempo: accanto all’ottima title track, vanno citate almeno Leonard Cohen e Polo Sud, che si iscrive nel novero delle canzoni lunghe in stile Vecchioni.

Ma se l’umore complessivo di Milady è una dolce malinconia, un po’ più ribelle è il seguente Per amore mio, del 1991, che fa perno sul personaggio di Sancho Panza, fedele scudiero di Don Quijote de la Mancha, ma che parla di cavalli (Horses), di guerra (Tema del soldato eterno e degli aironi), di figli (Piccolo pisello), di amici suicidi (Tommy) e di divertimento sparso, come in Quelli belli come noi, cantata insieme a Francesco Nuti.

La title track Per amore mio rappresenta Sancho che racconta la storia dal suo, parzialmente stralunato, punto di vista. Nel 1992 vince perfino il Festivalbar, con la curiosa Voglio una donna, che scatena polemiche femministe per qualche verso al confine con il maschilismo, ma che Vecchioni spiega come presa di posizione contro le donne che imitano i difetti degli uomini: «che s’innamori di te/la Capitana Nemo/quella che va al “briefing”/perché lei è del ramo/e viene via dal meeting/stronza come un uomo/sola come un uomo».

Storia di una poetica musical-letteraria

Poi un disco ogni due anni: Blumùn del 1993, Il cielo capovolto del 1995 ed El bandolero stanco del 1997, con relativo apprezzamento di pubblico e critica. E si prosegue con i dischi che lo portano, in pieno nuovo millennio, a occuparsi come sempre di vita, morte, politica, letteratura, ricordi. Dal 2006, dopo anni dedicati al latino e al greco al liceo, insegna “Forme di Poesia in musica” all’Università di Pavia. I suoi corsi monografici sono incentrati sempre sulla canzone d’autore, spesso su De André, fino all’autobiografismo del corso del 2016-2017 intitolato Roberto Vecchioni: storia di una poetica musical-letteraria.

Nel 2011 tutta Italia è pronta a tributargli un omaggio sentito per Chiamami ancora amore, brano che trionfa a Sanremo facendolo diventare uno dei pochissimi a poter dire di aver vinto il Festival, il Festivalbar ma anche il Premio Tenco. E poi tutta Italia è pronta a gettargli fango addosso quando il sindaco di Napoli Luigi De Magistris lo chiama a dirigere il Forum delle culture: si litiga sul compenso (perché si sa, un cantautore, soprattutto se di sinistra, deve assolutamente non essere pagato o essere pagato pochissimo: passi per consulenze da migliaia di euro regalate al cugino o al parente, passi per i soldi buttati dai finestrini di treni, ospedali e uffici di tutto il Paese, passi per l’assessore o la consigliera regionale scelta per evidenti meriti di lapdancer, ma non c’è peggiore emergenza di un cantautore di sinistra e di successo che pretenda di essere pagato).

Vecchioni prima tratta sull’ingaggio, poi accetta l’incarico gratis, ma poco dopo si dimette, e anche questo gli nuoce. Tornando a parlare di musica, nel 2013 pubblica Io non appartengo più, e nello stesso anno si diffonde la voce, infondata, secondo la quale sarebbe candidato al premio Nobel per la letteratura, al pari di Bob Dylan e Leonard Cohen.

Gli ultimi anni portano qualche apparizione televisiva e purtroppo un lutto devastante: la morte del figlio Arrigo, avvenuta nel 2023. Anche per questo il suo duetto a Sanremo accanto al giovanissimo artista genovese Alfa per cantare Sogna, ragazzo, sogna risulta estremamente motivato e commovente.

Se “trasversale” è uno degli aggettivi più abusati della nostra lingua, forse vale la pena di usarlo per la poetica complessiva di Vecchioni, sempre in grado di far saltare il banco con l’ironia, quando ci si aspetterebbe la serietà assoluta, di prendere in giro il paladino Orlando e di rendere serio e malinconico Sancho Panza, di essere credibile al Festivalbar come sul palco del Tenco. Senza disdegno, senza distacco, in modo partecipativo. E spesso con canzoni che sanno allargare il cuore.