Safir Nòu è un progetto di musiche originali composte da Antonio Firinu , raccolte nel disco Groundless, uscito per Label Netlabel. Le musiche del disco, morbide ed eteree, sono state registrate e prodotte tra Cagliari, Leon (Spagna) e Amsterdam (Olanda). Le ambientazioni sonore, senza una matrice di genere ben precisa, si muovono alla ricerca di spazi e melodie inedite e ipnotiche, con influenze che spaziano dal post-rock al jazz.
Antonio Firinu è un compositore, chitarrista e fisarmonicista nato a Iglesias (Cagliari) nel 1981. Ha studiato a Bologna alla accademia Ivan Illich e ha partecipato ai seminari di “Nuoro Jazz” diretti da Paolo Fresu. E’ stato attivo in diverse Band, ha compost e prodotto tre dischi con gli “Zudemà” a Bologna: Nur (2007), Sapuri (2008), Parole e Cous Cous (2010). E’ stato fisarmonicista ad Amsterdam nei “Katapulta Band” dal 2010 al 2012.
Tornato in Sardegna ha creato con il violinista Yaacob Gonzalez Garcia la band Yacobai, ancora attivi nel panorama isolano. Ha collaborato con molti artisti: Iosonouncane, per il quale ha registrato le chitarre nel brano “Buio” (dall’album DIE 2015), ha registrato per il disco “Via Aquilone” di Chiara Effe, ha collaborato con Joe Perrino, Claudia Aru, Vincenzo Castellana, Valentino Sinacori.
Safir Nòu traccia per traccia
L’apertura del disco è affidata alla molto morbida Imaginary Cloud, che con l’aiuto di archi e chitarra acustica disegna un panorama vasto e dolce, con qualche sottolineatura più intensa qui e là. New Lunacy invece intraprende percorso più segnati dal ritmo e con un’atmosfera da jazz morbido, in cui il violino si fa sentire in modo prima più solitario, poi più orchestrale.
La lunga e approfondita Floating on a note parte semplice e si complica con l’andare del tempo. Alla morbidezza iniziale fanno riscontro atmosfere spettrali e insistenze successive. Il finale torna soft e leggero. Blue dance intraprende nuovi movimenti eterei, in bilico fra sensazioni orientali e approdi leggermente più materiali.
Land-escape decide per un paradigma diverso, riprende i fili di una conversazione con un po’ di jazz sottobanco e qualche influenza latina. Il brano, nel proprio corso, incontra anche profili drammatici che sono inediti per questo disco. Tutt’altra idea per la fisarmonica di Puppets’ Waltz, giocosa e balcanica.
Il pezzo di chiusura è Diary from the groundless land, che parte ventosa e poi si appoggia a fondamenta più solide, costruite dalla chitarra. La canzone si apre a ventagio con l’intervento degli archi.
Lavoro certosino e attento, il disco di Safir Nòu si distingue per la leggerezza del tocco. I movimenti dei brani del disco scivolano plastici e disegnano forme non sempre distinte ma sempre piacevoli.