San Leo, “DOM”: la recensione
San Leo è il nome di un duo riminese chitarra-batteria attivo dal 2013, da sempre ispirato all’esoterismo medievale, l’alchimia, la forza primordiale degli elementi naturali. Dopo il loro primo album XXIV il duo torna con un nuovo lavoro di 4 tracce, intitolato DOM. L’album trae la sua ispirazione dalle oscure celle della roccaforte medievale da cui il gruppo prende il nome ma anche dall’esperienza maturata nei due anni di concerti tenuti in tutta Italia. I due componenti, chitarra (Marco Tabellini / tabe) e batteria (Marco Migani / inserirefloppino) si affidano nuovamente a Luca Ciffo (Fuzz Orchestra) e Riccardo Gamondi (Uochi Toki) per la produzione.
San Leo traccia per traccia
I titoli delle tracce sono sostanzialmente parti di un racconto: L’antico monile era custodito all’interno della tempesta di sabbia: a causa del suo fascino molti non avevano fatto ritorno è la prima traccia, che apre in modo piuttosto roboante e rumoroso, per poi placarsi e quindi riaccendersi progressivamente, giungendo fino a conseguenze estreme.
Riportati alla vita dal freddo severo dell’alba, si risvegliarono nella distesa di erba inaridita: un incendio di colori in cielo, i palmi delle loro mani aperti in un gesto di totale determinazione prosegue la narrazione con toni più morbidi e languidi. Ma dopo la prima parte, introduttiva, il discorso si anima, soprattutto sotto la spinta della chitarra che disegna archi psichedelici.
Il tuffo nell’acqua gelida e giù attraverso filamenti di luce liquida, affondando nelle tortuosità di un antico tormento è più dialettica e, pare ovvio, tormentata, con diverse fasi di fermata e ripartenza, più graduale che a strappi.
Intrappolato in un sogno ricorrente, percorrendo l’oscuro corridoio su un tappeto di ossa, richiamato da echi di voci lontane chiude il quartetto di pezzi, virando verso strade psichedeliche. Nel finale il drumming si fa intenso e insistente, a sorreggere un nuovo movimento verso l’alto.
Il disco dei San Leo mette in evidenza tratti notevoli di personalità e di ispirazione, oltre a un’attitudine narrativa che prende forme concrete grazie al considerevole affiatamento tra Tabellini e Migani.