Dicono di sé stessi: “non più giovanissimi, convinti che ci sia poco da dire”, i Masai sono un trio di Torino che suona un indie rock molto solido, e che ha pubblicato un ep da quattro tracce rimpiazzando i testi con le parole di libri e di interviste a personaggi che hanno apprezzato. Ecco la nostra, di intervista. NB: se delle parole dell’intervista i Masai dovessero fare una hit mondiale, ovviamente passeremo all’incasso.

Raccontatemi la storia della vostra band e la ragione del vostro nome.

Che dire, siamo tre amici che per lavoro passano tanto tempo assieme, poco più di un anno fa ci siamo infilati in una sala prove per un paio d’ore, giusto per divertimento e sfogo, e alla fine, buona alla prima, ne è uscita una bozza per un primo pezzo.

Abbiamo deciso quindi di darci un appuntamento settimanale per continuare a buttar giù materiale. Il nome Masai nasce per caso, come del resto il gruppo.

Il termine “masai” lo usiamo tendenzialmente per accentare qualcosa o qualcuno anche senza motivo “istintivo e buttato li’”, senza troppo pensiero, e per come è nato il gruppo e per l’attitudine che abbiamo, si adattava perfettamente. Non c’è alcun riferimento al popolo Masai nel nome.

Dai vostri testi traspare un potente pessimismo: come scrivete i testi e da che cosa prendete spunto e ispirazione?

Ci piace prendere ispirazione da tutto quello che in qualche modo riesce ancora a stupirci, e finisce quasi sempre per essere un tema qualunque, ma trattato in modo ironico, paradossale, freddo e magari brutale, piuttosto che qualunque forma di critica ben architettata.

Siamo convinti che tanto di buono è già stato detto, passando magari in sordina e senza che qualcuno se ne accorgesse, che sia un’intervista a Paolo Villaggio, un libro di Heinlein nascosto dietro un romanzo di Fabio Volo, piuttosto che un film nordico sottotitolato, è da li che andiamo a grattare le parole per adattarle in musica.

I nomi dei brani fanno sempre riferimento al nome proprio dell’autore, Dalìa, Bukowski, Heinlein, P.K.Dick., Balasso, Villaggio e gli altri.

Per quanto riguarda il pessimismo, che comunque noi non percepiamo più di tanto se non di nuovo in modo ironico, direi che forse è il risultato di una formula inconsapevole che va in perfetta antitesi rispetto alle nostre personalità, ci piace ridacchiare su tutto, su ogni forma di eccesso che più è cruda più è buffa, e a volte questo meccanismo funziona bene creando un bel contrasto.

Sono sicuramente riflessioni che possono sembrare un po’ amare, ma più pratiche che negative, quei momenti un po’ paradossali fatti di risate a denti stretti.

So che avete pronte altre canzoni oltre alle quattro contenute nell’ep. Hanno lo stesso carattere di quelle pubblicate? Sono rimaste fuori in vista di un prossimo lp?

Tendenzialmente il carattere è sempre quello.
I pezzi registrati sono attualmente 8 e consideriamo il lavoro fatto finora più come un esperimento che una tracklist da stampare, è stato registrato in un giorno e mezzo in hangover, ma siamo soddisfatti di quello che ne è uscito, rende bene lo spirito nervoso e istintivo di noi tre.

Vorremmo uscire con un lp vero e proprio, una decina di pezzi, registrati con più calma e sempre senza troppa post produzione, ma meno di corsa.

Ovviamente vorrei anche sapere perché voi che siete di Torino ringraziate tutti i baristi di Genova…

Hahahah, siamo 2 torinesi e un genovese (batterista), abbiamo registato a Genova dall’amico Mattia Cominotto al Greenfog Studio, la sera prima di entrare in studio abbiamo fatto la conoscenza di molti locali genovesi che ci hanno piacevolmente accasciati. Un po’ come i ragazzini in Erasmus.