Un ep dal titolo curioso, per un gruppo che ha tassi di curiosità piuttosto alti: i Kossiga hanno pubblicato da qualche settimana Finkantieri, cinque tracce ricche di sentimenti contrastanti.

Su una base rock piuttosto fluida e aperta alla conciliazione degli opposti, la band costruisce storie molto “sentite” senza abbondare in enfasi, ma anche senza abbassare il volume.

Si apre con una lunga e piuttosto dolente September Trip: il tono è dimesso ma le ambizioni consistenti, visto che il brano sfocia in una sorta di suite elettrica ma con moderazione, che attraversa fasi molto diverse nel proprio percorso.

A seguire il livello di aggressività sale progressivamente all’interno di Gianna (che no, non è una cover di Rino Gaetano, ma piuttosto pare riferirsi a una pratica piuttosto diffusa tra i giovani, d’oggi, di ieri e di domani). La canzone scorre via placida e non ci si aspetterebbe un finale strumentale imbizzarrito, che svela molto delle attitudini della band.

Quindi un disco nostalgico del progressive, giusto? Oddio, non proprio, visto che MoFa Hotel, che segue, è sostanzialmente un pezzo punk-ska. Con i saltini, gli “eh eh eh” e tutto.

A seguire Baleni, che apre di hammond e poi salta alla gola con forza, in un altro crescendo rabbioso ed entusiasta. Buoni i lavori di chitarra e basso.

Si chiude con Finkantieri, la title track, praticamente recitata sui giri sommessi della chitarra, a costruire rimpianti industriali sulla base di vite vissute o almeno viste da vicino.

Alcuni punti fermi: la coerenza di fondo non è la dote migliore dell’ep, e ci sono difetti che andrebbero corretti. Detto questo però bisogna essere ciechi per non vedere anche le doti dei Kossiga.

Che sono fuori tempo massimo da un po’ (a partire dal nome della band), ma che hanno costruito un ep che costituisce un assaggio potente delle dinamiche del gruppo e delle ottime potenzialità della band.

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