Setti, “Arto”: la recensione
Setti pubblica il proprio disco, Arto, come Arto Lindsay, successore di Ahilui e costellato da numerose collaborazioni. Arto nasce a distanza di quasi quattro anni dal disco precedente ed è un condensato di quattro anni di scrittura, sono le canzoni che sono rimaste dopo anni di concerti e prove, molte non sono arrivate al disco.
Racconta Setti: “Sul disco hanno suonato molti amici e ospiti, persone a cui voglio bene che mi hanno aiutato a indagare e cercare quello che volevamo dentro a ogni pezzo (Luca Mazzieri, Luca Lovisetto, Samuel Regan, Stefano Mappa, Marco Degli Esposti, Valentina Gallini, Glauco Salvo e Stefano Bortoli), mi hanno fatto regali immensi”.
“Il disco non è un concept, è una raccolta di canzoni. La prima metà del disco, fino a Woods, è quella che considero “americana”, nel senso che sono più che altro canzoni legate a una visione del tutto personale e immaginaria dell’America, sia per temi sia forma. Le high school, la provincia da cui si vuole fuggire, i pranzi coi parenti, i barbecue con gli amici, i concerti a cui non si è potuto andare”.
“Dalla metà in poi si esce dall’infanzia/adolescenza rappresentata da un’America immaginaria e fantasiosa per viaggiare nel mondo: una sghemba bossanova psicanalitica, orizzonti inesistenti e non geolocalizzati, tentazioni sloganistiche kraut, mitologia circense che alla fine porta a cercare qualcosa di dannoso (un vello loro) e alla fine realizzare che forse la meta non era un cuore d’oro o di vetro ma di grezzo e resistente legno, con qualcuno attorno. O forse che è l’ennesima sconfitta”
Setti traccia per traccia
Il primo brano è Stanza, meno di due minuti che però condensano già pulsioni pop, retrogusti malinconici e qualche stranezza.
A proposito di stranezza, c’è poi Iowa, una canzone power pop quasi punk con lineamenti gentili ma molto spicci.
Winsconsin prosegue il discorso (ma non ci saranno proprio tutti gli Stati degli Stati Uniti, in stile Sufjan Stevens per capirsi) con un brano che schizza un po’ dappertutto.
Si rimane in America con un Barbecue che prevede un duetto vocale con Avocadoz e il banjo e la dodici corde di Le Notte delle Streghe, tra piccole ansie e qualche tremolio.
Woods viaggia diretta, con un ritornello semplice (“sono là”) e un senso di nostalgia che piano piano si prende tutto.
Il clima si calma con Bestia, narrativa e dedicata a sensazioni sfumate e sottili. Martella parecchio Presente, sorretta dalle chitarre e da emozioni che si fanno più o meno forti in base al momento.
Malinconie molto semplici e minimaliste congiurano a comporre Orizzonte. Mi mancavi propone immagini curiose e non nostalgiche (“mi lanciavi coltelli e mi mancavi”).
Il disco si chiude con caratteristiche chiaramente folk su Legno, costellata di immagini romantiche.
Immagini surreali, un po’ di svagatezza ma anche canzoni di grande sostanza caratterizzano il nuovo disco di Setti, che viaggia dall’America e ritorno portando con sé un bagaglio molto ricco e interessante.