Si chiama Reboot il secondo disco degli She Was Nothing. La band milanese torna sulla scena a distanza di cinque anni da Dancing Through Shadows con un sound e una formazione completamente rinnovati. Dodici brani che spaziano dal rock elettronico al drum and bass, pur mantenendo le aperture melodiche/orchestrali che hanno caratterizzato lo stile della band in passato. L’album è stato interamente prodotto dalla band e mixato da Alessandro Bavo (Subsonica, Linea 77, Punkreas, Levante, Velvet). Il mastering è stato affidato a Eleven Studio di Andrea De Bernardi.
She Was Nothing traccia per traccia
Si parte rapidi e rumorosi, con Before It’s Too Late pt. I: caratteristiche electro in un pezzo sostanzialmente rock-pop, rumoroso e tempestoso il suo, ma con attimi melodici prima del finale. Introduzione maestosa per Can’t stop these things, che poi attacca di drumming martellante e accende le tastiere verso viaggi intergalattici.
The Hunt rilancia il discorso con schemi piuttosto standard. Diggin under your skin prosegue il discorso con un atteggiamento ricco di contrasti. Anche Man vs. Beast veste di volumi alti una canzone che parte gentile e si concede qualche pausa corale. Brick after Brick è più morbida, e lascia spazio poi alla seconda parte di Before It’s too Late, intermezzo strumentale.
Molto melodica e un po’ sdolcinata l’apertura di Back to Sleep, poi più ritmata. Another Day, Another Way si concede qualche svolazzo elettronico in più. Tranquilla e soft Cocoon, prima che la title track Reboot chiuda il disco e il discorso con un altro strumentale.
Qualche pezzo di troppo nella tracklist, ma la sostanza rock-pop-electro degli She Was Nothing funziona.