#SHORTRAKS: tre recensioni (di Natale?) per te
In realtà di natalizio qui non c’è niente, ma faceva simpatia dirlo: torna SHORTRAKS con tre recensioni in breve. Questa volta tocca a Ka, Rokas, O-Janà.
Ka, Inerte
Inerte è il nuovo album dei Ka, duo basso e batteria composto da Daniele Di Girolamo (batteria, synth e samples) e Giacomo Guidetti (basso, chitarre, synth granulare e testi). Iniziano la loro attività a Pescara nel 2013, ma dal 2015 sono di casa a Bologna.
Dopo la pubblicazione, nel 2014, di un ep auotoprodotto intitolato Forze Compatibili Con Enfasi Opposte, intraprendono nuove vie sonore, rinnovando ed evolvendo la propria estetica, incorporando elementi noisecore e drone per fonderli armonicamente alla già forte componente ambient del proprio sound.
Con queste premesse prende forma Inerte, primo disco ufficiale del duo, in uscita per DreaminGorilla Records, Grammofono All Nitro, HYSM?, E’ Un Brutto Posto Dove Vivere, Koe Records.
Nel baratro apre il disco con grande fragore di drumming e chitarre, mostrando un lato fiammeggiante e potente. Non sarà l’unico a disposizione del duo, come dimostra già Terra bruciata, che si limita ad armeggiare sullo sfondo. Quiete ha un modo un po’ curioso di mostrare la propria calma: su un substrato di suoni tenui si innalzano battiti e colpi sparsi e quasi isterici, con un senso di turbamento che cresce piano piano.
Anche Sorgente cresce gradualmente, fino a un’esplosione che porta con sé noise, un recitato, e molto feedback. Si chiude con Dinqinesh, anch’essa costruita a crescere, questa volta davvero calma, ma con un’anima più dura e vibrante che emerge da metà brano. Il nuovo disco dei Ka convoglia le proprie ansie in un tutto magmatico capace di colpire a fondo.
Genere: metal, strumentale
Rokas, Nemico del cuore
Nemico del cuore è l’album d’esordio di Rokas, rapper di Sarzana (SP) di base a Milano. Classe ’92, Alberto Sanlazzaro aspetta 19 anni prima di trasferirsi nel capoluogo lombardo, portando con sé la passione musicale trasferitagli dai genitori, due disk jockey di radio locali. Si parte con Ti amo, che va a scandagliare le ipocrisie dell’amore con un certo cinismo nemmeno troppo nascosto. Bambini, con testacoda, si immerge in ritmi e atmosfere più black ma conserva l’atteggiamento tagliente.
Cera importa un po’ di malinconie e di itpop ospitando, oltre a testacoda, anche I miei migliori complimenti. In mezzo al disco ecco Va bene, ritmata e insolente. Dolce e soffusa ed egocentrica Blu. Arriva poi Diavolo, che riprende a rappare fitto e a mettersì l’abito cattivo.
Bansky (scritto consapevolemente sbagliato) funkeggia e bastardeggia con toni da ubriachezza molesta. Si chiude con Easy, costruita su ritmiche non così tanto easy, a parlare di idee confuse. Esordio positivo per Rokas, che intercetta i temi dell’hip hop classico ma li mette a disposizione dei suoni e dei toni più recenti.
Genere: hip hop
O-Janà, Inland Images
O-Jana’ è un duo femminile di origini napoletane ma con base anche in Svezia, e pubblica Inland images. Alessandra e Ludovica si muovono tra sperimentazione, elettronica e forma canzone. In tutto il disco ha partecipato il batterista Michele Rabbia. Proud of the Accidents apre il disco in maniera controintuitiva, con un elenco di cose di cui essere orgogliosi, su un path ritmico continuo e vagamente ansiogeno. Più languida Le Quatuor Exquis, con piccole incesellature di tastiere in spazi ariosi.
Butcher shop esplora i territori del trip hop, mettendo in evidenza i talenti vocali. Più articolate le manovre di A Love Story, fluida nei passi iniziali e poi rimescolata e a molti livelli. Con Illusion – First Sentence, Right siamo di fronte a una voce impostata e a ritmiche nervose e appiccicose. Dopo la breve Balloon (rimbalzi e rintocchi), ecco la title track Inland Images, con apertura vocale e impatto tra il celtico e l’epico. Altro intermezzo (inquieto) con Am I Eternal?
L’inquietudine filtra fino alla jazzata e variegata Promise, che trasmette ansia sia con il cantato sia con suoni particolarmente mobili. Pianoforte e una certa malinconia traspaiono da Old Keys, mentre Rage si concentra su giri al piano quasi ossessivi, che sfociano in un finale sintetico. The Crescent Moon Bear riparte dal minimal per organizzare un brano che si muove con circospezione intorno al totem centrale della voce.
Like a Boat ha una costruzione simile, arrivando quasi al canto a cappella, per poi scegliere strade tra il blues e il jazz. Ci si rituffa in sensazioni quasi industrial con Illusion – Second Sentence, Wrong, che tracima sulla finale Rubber Wall (I Cannot Give the Reasons), piuttosto desolata.
Lavoro molto interessante quello delle O-Janà, che tiene poco conto dei generi ma molto delle sonorità, ottenendo spesso effetti stranianti anche all’interno di composizioni fluide e levigate.