Siberia, “Tutti amiamo senza fine”: recensione e streaming
Li conosciamo da un po’ i Siberia (protagonisti anche di un #cinqueminuticon di qualche tempo fa), ma ora la band di Livorno sembra aver trovato una chiave di maggiore esposizione.
Ne è prova, oltre al contratto con Sugar, anche il nuovo disco, Tutti amiamo senza fine, che alla classica attitudine di rock alternativo aggiunge idee pop più vicine ai suoni di oggi.
Siberia traccia per traccia
Il disco parte come non ti aspetti: Tutti amiamo senza fine è la title track ed è un pezzo d’autore, senza mezzi termini, con qualcosa di Tenco nelle vene, nonostante qualche riferimento testuale alla contemporaneità.
Si cambia registro con Ian Curtis, che è stata anche singolo e che viaggia più verso sonorità indie, più rock che pop, comunque in agilità.
E’ chiaramente synth pop invece quello di My Love, con tutti i crismi del caso, anche nella relazione spezzata di cui si parla nel testo (ma “scopare per errore” in che senso?)
Piangere torna a idee più rock, con qualche tratto new wave e ancora i synth in azione, ma su ritmi alti. “E’ un mondo misero/ma non ci fa paura”, in quella che è quasi una canzone cappa e spada.
Si torna a toni molto più intimi con Non riesco a respirare, che fa tutto un percorso elettronico ma lascia spazio alla chitarra elettrica verso il finale.
Un po’ di francesismi sparsi, ricordi e istantanee in Mon amour, altro singoletto che sprizza pop e che fa da contraltare a My love.
Chitarra acustica e spartizioni in Sciogliti, che ha il passo delle canzoni antiche e un testo piuttosto intenso.
Viaggi al negativo La canzone dell’estate, che nega se stessa ma ha briglie più sciolte e una struttura piuttosto standard.
E’ un Carnevale poco allegro quello che arriva poi, che parte voce e chitarra e poi aggiunge la sezione ritmica, per una ballad con qualche apertura qui e là.
Torna in ambito francofono Mademoiselle, ma con tutt’altri toni rispetto a Mon Amour, rapida e ritmata, con una bella linea di basso e una buona fluidità.
Un contrasto fra bellezza e stupidità sta alla base di Peccato, che chiude il disco in modo plastico e malinconico.
Anche i Siberia, come altre band del periodo, fanno una robusta conversione verso il pop, indie oppure no ha poca importanza. Va riconosciuto loro il merito di non esagerare, di mantenere buono il livello dei testi e di inserire qualche chicca “d’autore” qui e là.