Theatre Of Darkness è il primo full length del duo elettro-psych dei Sonars, nato tra il Regno Unito e l’Italia e formato da Frederick Paysden e Serena Oldrati, ambasciatori di un sound internazionale forgiato sui palchi di tutta Europa. Dopo anni trascorsi nelle line up dei festival più ambiti del mondo musicale indipendente, la band segna l’ingresso nel roster dell’etichetta INRI con un disco complesso capace di spaziare tra sguardi introspettivi e riflessioni collettive.

Theatre Of Darkness si presenta all’ascolto come un’unica grande traccia, una vera e propria esperienza sensoriale già anticipata dal singolo Love Me Anyway accompagnato da un videoclip a opera della stessa band, un collage postmoderno di filmati in super 8 scovati come tesori nascosti nei mercatini dell’usato.

Sonars traccia per traccia

Dark Radio apre il disco con piccole suggestioni sonore in crescita, un piccolo assaggio inquieto del disco.

Ma le atmosfere cambiano molto Hazy Meadow, brano cantato e un po’ vintage, con l’hammond a fornire una base per movimenti fluidi ma rallentati.

Si passa a questioni pop morbide ed eleganti con Love Me Anyway, il singolo, cantato con un atteggiamento un po’ blasé, ma anche piuttosto fascinoso.

The distance inbetween procede lenta e sicura per una strada circondata da una psichedelia discreta e moderata.

Si viaggia più spediti con il drumming di Lipstick Dinosaur, altro pezzo di carattere pop che si allarga con cori e sfumature colorate.

Settle Down è un brano un po’ a sé: dura meno di tre minuti contro i 5-6 degli altri brani dell’album. Ma soprattutto perché sale al piano di sopra e si adagia morbidamente su atmosfere shoegaze.

Partenza un po’ più acida per Come on, che rafforza i suoni rivelando tutto il lato elettrico del duo.

Più curiosa, insistita e con ampi squarci psych, ecco poi Every Time, che si allunga fino al limitare dei sette minuti anche grazie a una coda pressoché cinematografica (ove al cinema proiettino Blade Runner).

Lunga e articolata anche Bad Karma, che però corre veloce su altri piani psych ed elettrici, con un pizzico di Oriente ben distribuito. Si chiude con All the Same, piano, voce, melodia e molta intensità (con un po’ di Radiohead-style).

Ottimo primo passo per i Sonars, che rivelano nel disco d’esordio grandi qualità e una personalità spiccata, che tiene conto delle influenze internazionali senza farsene mai schiacciare.

Genere: elettro-psych

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