Stu Larsen, “Resolute”: la recensione
E’ stato da poco tempo in tour in Italia e tornerà per un paio di date a ottobre. Nel frattempo Stu Larsen ha pubblicato Resolute, il proprio nuovo album. Stu Larsen è cresciuto nella piccola cittadina di Dalby. Con il suo album di debutto, Vagabond (2014), Larsen ha fatto conoscere la sua musica a tutti con un tour mondiale lunghissimo, ottenendo importanti riconoscimenti e riscontri da parte dei fan. Per l’occasione il cantautore si è avvalso di una collaborazione d’eccezione: “Vagabond” è stato infatti prodotto dall’amico e collega Passenger, al secolo Mike Rosenberg, stella nascente dell’indie-folk di cui Larsen ha spesso aperto i concerti negli ultimi tre anni.
Stu Larsen traccia per traccia
Si parte dalle morbidezze dell’acustica Aeroplanes, canzone che mette in mostra le ascendenze folk della musica di Larsen. Non si cambia ambito, ma si utilizza qualche coro in più all’interno di What’s a Boy Do. Molto più mossa e allegra Chicago Song, un pezzo di folk “campestre” con tutti i crismi.
I will be happy and hopefully you will be too è speranzosa, come da titolo, e parla di viaggi e lingue da imparare. Contenuti più intimi e malinconici quelli di Going back to Bowenville, che imposta un ritmo marcato e un giro di chitarra continuo. What if approfondisce concetti malinconici con l’aiuto quasi esclusivo di voce e pianoforte.
Far from me torna alla chitarra e ai cori, mentre By the River offre atmosfere leggermente più scure e notturne, in quello che si qualifica come il pezzo più ambizioso del disco. Rullo di tamburi e passo cadenzato per The Straight Line, mentre le chiusura è affidata a Till the Sun Comes Back.
Semplice a volte fino all’ingenuità, il disco di Stu Larsen si propone con modi molto diretti. Le canzoni non esagerano certo con l’originalità, ma hanno tutte un buon sapore.