Secondo album per The Academy o TACDMY, grafia che sembra prevalente per la band negli ultimi tempi. Dopo Meaning of Dance del 2014, ecco Drunk Yoga Velvet Club, dove “velvet” è probabilmente il sostantivo dominante, vista la qualità del sound vellutato.
TACDMY traccia per traccia
Il disco si apre con Blavatsky, come la celebre filosofa dell’esoterico ottocentesca, e si apre con intenzioni piuttosto bellicose. Ma forse è soltanto timidezza: presto allo sbarramento iniziale fa seguito un pezzo più morbido e tranquillo. I modi sono electro, ma i toni per lo più soffici, con qualche spigolo appuntito che spunta qui e là.
Ego Chamber si disegna su altri percorsi morbidi, con qualche variabile costruita sui synth. C’è un grado superiore di minaccia all’interno di Kneyef, anche se poi qualche nota di pianoforte tende a smorzare l’inquietudine.
Pray The Lord adotta una strategia difensiva, mantenendo bassi i ritmi e il volume. C’è un senso diffuso di soul nel brano, che cresce gradualmente, tra tastiere e percussioni che rimangono comunque a livelli moderati e gentili. Già nota It’s always like, presentata come singolo e video. Qui ci si avvicina decisamente al dancefloor, accelerando i ritmi ma mantenendo una certa eleganza di fondo.
Il disco chiude su Wow Signal, brano curioso che si apre con un sample ripetuto a loop, salvo poi immergersi in correnti che vanno dall’ambient al jazz club, con una prevalenza dei colori scuri.
Disco piuttosto levigato, quello dei TACDMY, che risponde a esigenze di eleganza senza risultare piatto. L’album è convincente, ben eseguito, non sempre graffiante ma con buoni movimenti.