The Doormen, “Plastic Breakfast”: recensione e streaming
Plastic Breakfast è il nuovo album di The Doormen. La band arriva da da Ravenna: nati nel 2009, nel novembre dello stesso anno pubblicano un ep omonimo. Il primo album omonimo, prodotto da Paolo Mauri (Afterhours, Le Luci della Centrale Elettrica, La Crus), esce a marzo 2011.
Nel 2012 vincono le selezioni regionali di Arezzo Wave Love Festival e vengono invitati a rappresentare l’Emilia Romagna e a esibirsi sullo Psycho Stage.
Nel marzo 2013 pubblicano Black Clouds, il loro secondo album. Nello stesso anno la band varca la Manica per esibirsi in Inghilterra in tre locali storici: The Water Rats, The Pavilion, Dublin Castle. Ad agosto hanno il privilegio di suonare in apertura allo show di Paul Weller e The Charlatans dell’Umbria Rock Festival.
Ad aprile 2015 esce Abstract [RA], terzo album che rappresenta un’ulteriore evoluzione rispetto agli album precedenti, aprendosi alla psichedelia e a suoni più ricercati.
The Doormen traccia per traccia
Il disco parte dalla chitarra di U.R.U., brano diretto e acidino, ideale per cominciare a spalancare un po’ di orecchie.
Si prosegue con The Real Process, che ha una lunga introduzione strumentale e rumorosa, un po’ a loop. Quando arriva il cantato è piuttosto doloroso e sicuramente figlio di riletture alternative della new wave.
Il drumming continua a essere molto vivo e articolato con Everything for you, che ha una base scarna e abrasiva, sulla quale voce e chitarra erigono costruzioni robuste.
Si prosegue con Lay Down, canzone da corsa con modelli internazionali piuttosto evidenti.
Molto più pathos e impatto quello suggerito da My Advice, che alza i toni in maniera molto netta. E si rimane su toni piuttosto dolorosi con Have You Ever, ancor più profumata di new wave.
Risonanze e una linea sinuosa di basso contraddistinguono Shut Up, altro brano in cui la batteria non si tira certo indietro.
The Control Button è un altro brano in cui la sezione ritmica non lesina interventi, ma anche la chitarra si difende con coerenza.
Arriva poi Autoreverse, molto rabbiosa nel cantato. Si chiude con The Right Shirt, alla ricerca di scintille finali.
The Doormen mettono a frutto l’esperienza accumulata con un disco omogeneo e ricco di spunti, in cui ogni canzone è un tassello utile a un quadro generale molto convincente.