The Ox: intervista e recensione
Molti progetti ma un solo fil rouge: The Ox è l’altro versante, più “dance” (in senso lato) ma altrettanto sperimentale di canecapovolto (di cui avevamo parlato qui). Il disco di The Ox, a base di sperimentazioni, drum machine, idm e molto altro, si chiama Dance that Noise.
Ti abbiamo intervistato di recente per il tuo progetto canecapovolto. Puoi spiegare le differenze, di principio e di esecuzione, di The Ox?
Nei live di canecapovolto e Kinothon (un progetto di improvvisazione visiva e sonora assieme all’amico Francesco di Martino) iniziai a utilizzare una drummachine per sovrapporre elementi ritmici ai suoni anarchici della tastiere modificate con il circuit-bending. Mi piace anche l’idea di intrecciare un sistema assolutamente aleatorio e imprevedibile con uno assolutamente prevedibile, dato che le drummachine vanno programmate…
The Ox nasce dallo studio (se vuoi “radicale”, nel senso corretto del termine) dei suoni e delle strutture ritmiche, ma il confine musicale con le sperimentazioni di canecapovolto non è per niente netto, volutamente. Discorso lievemente diverso con il progetto canecapovolto/Torst (in cui l’interplay avviene perlopiù lavorando a distanza, tra Catania e Roma) con un secondo cd quasi pronto. L’idea fondamentale è comunque quella di rifiutare l’idea del rumore e della sua mitologia come destinazione del viaggio e dell’ascolto. E’ uno dei concetti che abbiamo approfondito nel documentario “Retrodigital”.
Mi sembra che qui i pezzi siano più brevi, asciutti e nervosi. Da che cosa nasce questa impostazione?
I brani di The Ox nascono da alcune batterie elettroniche, di vecchia e nuova generazione, in genere non superano i tre minuti in quanto basati su strutture essenziali. Ogni brano è essenzialmente ritmico ma sono presenti suoni elettroacustici, suoni elettronici analogici (prodotti ancora dalle tastiere Casio modificate) o rumori registrati con microfoni per lasciare sullo sfondo un altrove o riferimenti non meglio precisati…
Solitamente una drummachine (sia nel rock sia nell’elettronica) svolge una funzione ben precisa ma secondo me troppo limitata; mi piace molto l’idea di utilizzare il delay o altri effetti, che mi consentono di scavare nell’essenza del suono per trovare altre possibilità.
Come preannunciato nella precedente intervista, qui c’è un utilizzo esteso delle voci narranti inglesi. Qual è la loro funzione?
La funzione delle voci sintetiche (si tratta di un software text-to-speech) è sia quella di esprimere contenuti con il testo –che in genere è molto breve e lapidario- sia di arrivare a una struttura musicale più complessa e articolata.
Fin dal titolo ti metti in rapporto con la dance, almeno dal versante idm. Qual è il tuo rapporto con quell’universo, che può sembrare opposto rispetto al tuo ma del classico tipo “gli opposti che si toccano”?
E’ una sfida interessante: verificare cioè quanto spazio ci può essere tra la musica sperimentale e la cosiddetta intelligent dance music (che del resto è un ambito che non conosco tanto…) magari mettendo in crisi le stesse definizioni e classificazioni.
Questa sfida va percorsa spostando continuamente gli equilibri. Dance that Noise (il titolo di questo primo cd) spiega chiaramente queste intenzioni, Noise that Dance (il prossimo cd) sarà basato su un connubio più controverso tra rumore e ritmo.
Che rapporto c’è fra “Do the Donald” di The Ox e “Deprogram the Donald” di canecapovolto?
La relazione tra questi 2 titoli conduce a Donald Trump, una sciagura per l’umanità ma anche un’opportunità per comprendere un mondo dove informazione e tecnologie (anche visive e musicali) tendono a controllare l’uomo e la sua immaginazione, nello stesso momento in cui egli stesso ha la sensazione di essere finalmente libero attraverso il consumo…
https://soundcloud.com/canecapovolto
https://www.facebook.com/kinothon/
canecapovolto@gmail.com
The Ox traccia per traccia
Il disco ha inizio con Meet disorder, un passaggio del tutto elettronico montato su loop, con qualche voce a scombinare le carte qui e là.
La voce invece apre la breve Magnetic Tape, con tono fra declamatorio ed educativo, mentre le sonorità si riducono a poco più della ritmica.
Si passa a Do the Donald, con qualche corrispondenza con Deprogram the Donald del progetto speculare Canecapovolto: ma qui siamo di fronte a un minimalismo elettronico con intenzioni dance che poi sfociano in disturbi finali.
Winter is coming riprende il ben noto slogan di Game of Thrones ma ha poco di epico (o di finto medievale): le schermaglie qui sono tutte elettroniche.
La massiccia A true man fa seguito su ritmi prima moderati e poi smodati. Molta voce in Dogs brain, anche voce di cane, a dire il vero, mentre l’elettronica si fa più corollario che protagonista.
Tone generator potrebbe appartenere a un disco di musica edm, visti i ritmi martellanti e seriali.
Voluminoso, ecco il bue: Eat the ox, no ritorna ai loop ritmici, scombinandoli però un po’ alla volta. Si torna alle voci inglesi dal tono didascalico con Movie Making.
Know your uncle intuba la propria ritmica in una serie di tunnel apparentemente infiniti, ma di tipologia diversa e con passaggi di diverse fasi.
In Storm approach si capisce come l’avvicinarsi della tempesta può anche essere scomposto, destrutturato e dialettico.
Si torna al minimalismo ritmico con Not in your house, con qualche risata, qualche accenno di noise, qualche sample a fare da contorno.
Si chiude con Trembling voice breath, rimbalzante in campo aperto ma anche in grado di armeggiare in modo cacofonico e guerresco sul finale.
Più asciutto e minimal rispetto al progetto parallelo, The Ox si addentra in campi affini a quelli dell’idm, ottenendo risultati di maggiore impatto e forse destinati a un pubblico leggermente più vasto.