Three Horns: intervista, recensione e streaming
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Si chiamano Three Horns e il loro primo ep, Jackie, con otto canzoni dalle caratteristiche che abbracciano larghi tratti dello spettro delle sonorità del rock. Abbiamo rivolto qualche domanda al chitarrista Alessio.

Potete riassumere la vostra storia fin qui?

Noi tre siamo amici da molto tempo. Io e Michele suoniamo insieme praticamente da quasi vent’anni, suonando in diverse band, sperimentandoci in ruoli e strumenti sempre differenti. Nel maggio 2015 Simone, con cui eravamo già in contatto, in quanto del nostro giro di amicizie, ci ha proposto l’idea di formare una band, con grande entusiasmo abbiamo accettato e da lì è iniziato il tutto.

Poco dopo sono arrivati anche i primi concerti che ci hanno sicuramente consolidato come gruppo. Fondamentale è stata anche la collaborazione con il Boss, voce dei Nerds,  che ci ha dato una mano con i testi di Jackie ed ha prestato il suo rude cantato in “Half life”.

Come nasce “Jackie”, il vostro primo ep?

“Jackie”  nasce dall’esigenza di registrare i pezzi che abbiamo scritto in un anno e mezzo di lavoro. Nel dicembre 2016 abbiamo iniziato le registrazioni presso lo studio “Casemate recording studio” di Marco Alberto Matti, che ha reso perfettamente le sonorità che ricercavamo.

Sottolineate le influenze cinematografiche sulla vostra musica. Potete spiegare in che modo siete stati influenzati dal cinema, e da quali generi?

Siamo tutti e tre  appassionati di cinema ed è stato spontaneo lasciarci ispirare da film horror come “Evil dead” o da pellicole d’autore come “Il grande Lebowsky” dei Cohen per creare una sorta di immaginario alle storie che raccontiamo nei nostri pezzi. Non sono le uniche citazioni presenti, per esempio “Half life” si ispira a “Ubik” di Philip Dick.

Come nasce “Michigan”?

Michigan nasce da un giro di basso e da un levare di batteria…il resto è venuto da sé, come se fosse sempre stato scritto.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Io ho esagerato perché in totale ho utilizzato dieci chitarre. Essendo liutaio, uso come chitarra principale una elettrica ispirata alla Airline Map che ho costruito personalmente; per le sovraincisioni  ho usato una resofonica dobro e una acustica 00, sempre fatte da me, una Fender Telecaster, una Fender Stratocaster, una Gretsch, una Vox Bulldog, una Eko sei corde archtop, una Eko 12 corde e una Tanglewood acustica.

Per quanto riguarda i pedali ne sono stati usati troppi per poterne fare un elenco; tra i principali il Full Drive 2, il Fuzz Probe della Zvex, un Big Muff modificato, l’Hog della Electroharmonix e il Ring Modulator della Moog accoppiato a un sintetizzatore modulare.

Come amplificatore il Sovtek Mig50 e un Laney valvolare.

Potete descrivere i vostri concerti? Quali saranno le prossime date che vi vedranno coinvolti (solo se avete già delle date fissate prossimamente)?

Saliamo sul palco, suoniamo i nostri pezzi, salutiamo, scendiamo e andiamo a bere una birra… molto semplice ma efficiente. Il nostro prossimo appuntamento sarà  il 10 giugno al Danny’s says di Piacenza.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

In questo momento storico siamo più ispirati dalle band estere, in Italia troviamo poca musica che ci identifica. Salvo eccezioni di alcune piccole band con cui c’è sempre la possibilità di condividere live show. Il rock’n roll non va più di moda, oggi in Italia devi fare RAP, ovvero far RidereAiPolli!!!

Three Horns traccia per traccia

Three HornsSi parte da California, marcata e aggressiva, con caratteristiche post grunge. Il pezzo setta il tono per il disco: anche Evil Dead picchia duro, con cori urlati e drumming assatanato. Jackie, la title track, abbassa i toni a rango di ballad, ma dai colori molto oscuri. Ma la ballad, nella seconda parte, si imbizzarrisce e prende toni psichedelici, con la batteria ancora molto impegnata.

Con Half Life la band sfonda sostanzialmente il muro che la divideva dai generi più estremi del metal, soprattutto per quanto riguarda il cantato. Ma la retromarcia si innesta molto presto: già con Michigan, che è sì aggressiva ma più vicina a istinti rock-blues. Che sono poi gli istinti, ma più accelerati, che caratterizzano anche Fight Velazquez.

Con The Ballad of the Lonely Man l’ep si chiude, scegliendo sonorità che riportano alla mente i film western, il southern rock e altri elementi polverosi.

Le sette canzoni dei Three Horns completano un discorso interessante e molto caratterizzato, per quanto riguarda il suono della band. Band che dimostra, fin da questo esordio, un carattere spiccato e una personalità decisa e sicura.

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