Tigri, “Serenata indiana”: recensione e streaming
Esce in distribuzione The Orchard l’album di debutto di Tigri dal titolo Serenata Indiana. Un nuovo capitolo per il progetto indie-pop da Milano che vuole indagare sulle varie declinazioni dell’amore. Il titolo dell’album è rubato da una poesia di Eugenio Montale che parla della corrosione dei rapporti umani quando vengono insidiati da ciò che non ci conosce.
Otto brani (+1 interludio strumentale) che ruotano attorno al tema dell’amore nelle sue svariate declinazioni: sacrale, casuale, illusorio, salvifico, distruttivo, totale. È il tentativo di emergere dal chiaroscuro che l’amore evoca e al tempo stesso il desiderio di abbracciarlo. I brani spaziano dal cantautorato sperimentale all’indie pop, fra chitarre, drum machine e sintetizzatori, con l’obiettivo di riportare nei suoni l’eclettismo dei sentimenti descritti nei testi, perennemente in bilico tra la metafora barocca e la descrizione cruda di eventi e situazioni.
Serenata Indiana per me è prima di tutto un riassunto delle cose che non potevo dimenticare. Ci ho messo dentro 10 anni della mia vita, ci sono le persone e i momenti che mi hanno reso felice o che mi hanno devastato, e che alla fine mi hanno reso quello che sono. È come se fosse una raccolta di racconti, di storie che capitano quando si cerca qualcosa dalla vita, anche se non si sa bene cosa.
Tigri traccia per traccia
Partenza morbidissima quella di una breve Bruxelloise, soffice introduzione solo voce e chitarra. Si prende subito la via di Damasco, proseguendo il viaggio sempre in ambienti sonori per lo più dolci, anche se qui l’elettronica si fa molto più evidente.
Molto più inquieta Metanfetamina, che funziona un po’ a loop, ma con colori scuri. La tessitura della chitarra e il background sonoro aggiungono teatralità a un pezzo strutturato.
Estate ha un passo molto lento e un umore evidentemente non proprio spensierato. Notti nel bosco e coincidenze animano una stagione che ha niente di solare e un pezzo particolarmente meditativo.
Cantato fittissimo e tessuto sonoro minimale per Geisha, altro pezzo tratteggiato con delicatezza e tristezza. Dopo l’intermezzo strumentale di Via Del Corso si parte per Salvare Simona, che cerca “un vaccino ai giorni bui” in una danza introspettiva ma piuttosto animata, e anche sicuramente originale.
Si discute che cosa sia facile in Enjoy, pezzo dolceamaro condito dalle note del pianoforte. La chiusura del lavoro è riservata a un altro pezzo notturno, Elle, che rallenta di nuovo il passo per lasciare scorrere un dolore vellutato.
Poetica singolare e introspettiva, quella che porta Tigri a confezionare le nove canzoni di questo album. Una buona qualità di scrittura unita a scelte sonore a volte originali, per un disco interessante e meritevole di più ascolti.