Di Isabella Rizzitano

E’ possibile creare musica e video partendo da un grafico matematico?
La risposta è si. No, non ce lo siamo chiesti in preda a chissà quale delirio di onnipotenza nei confronti dell’arte e della scienza.

A scatenare la domanda sono stati i lavori di Giannandrea Inchingolo, dottorando in fisica dei plasmi all’Università di Lisbona, in Portogallo.
Giannandrea, pugliese di origine, ha realizzato un progetto dal titolo Turbulence Voice of Space, una visualizzazione di immagini e suoni partendo dai dati raccolti dal plasma che si trova nello spazio.
Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo fatto un paio di domande su Turbulence.

Ciao Giannandrea, abbiamo sentito e visto i tuoi lavori. Come è nata l’idea di Turbulence?

L’idea di Turbulence nasce dalla voglia di creare un collegamento tra scienza e arte, andando a rendere accattivanti quei dati che ogni giorno analizzo per lavoro. Studio il moto caotico delle particelle che costruiscono il plasma, una materia decomposta in elettroni e ioni che si trova ovunque nell’Universo. L’analisi di questi dati porta a dei grafici e ho voluto dare loro una forma più accattivante per aprire canali di comunicazione più accessibili.

Quando nascono le prime sperimentazioni?

Dunque, le prime sperimentazioni visuali sono nate nel 2016. Ho iniziato da solo poi il professor Joseph Paradiso del MIT, il Massachusetts Institute of Technology di Boston si è interessato del progetto e ha iniziato a darmi una mano.
Siamo arrivati ad avere una serie di immagini e suoni, tutti generati dall’analisi dei dati.

Siete solamente in due?

No, il progetto si è ampliato e ha iniziato a ricevere dei feedback.
La risposta molto positiva della comunità della realtà virtuale mi ha portato a collaborare con il gruppo di visualizzazione dell’Extreme Light Infrastrctrure (ELI-Beamlines) di Praga per creare alcune esperienze di realtà virtuale.

Anche il Gruppo Laser Plasma, il mio gruppo di ricerca, ha fatto diverse elaborazioni, tanto che ora l’idea di creare un ponte tra arte e scienze che è alla base di Turbulence si sta ampliando anche ad altri progetti di ricerca.
Sono stati tutti in grado di sorprendermi. Stiamo realizzando assieme ciò che io vedo.

Le sequenze video sono accompagnate da una parte audio del progetto, che è fondamentale per la resa finale del progetto Turbulence, come nascono?

Il tutto nasce utilizzando il sintetizzatore analogico modulare di Joe, durante l’installazione Re-Synthesizer a cui ho avuto la possibilità di collaborare tra l’aprile e l’agosto del 2018. Un sintetizzatore modulare, di regola, non ha alcun tipo di pre-settagio: di conseguenza ogni suono realizzato deve essere ottenuto manualmente attraverso l’uso di patch che colleghino i vari moduli.

Con circa 150 differenti moduli usati e più di 700 connessioni tra le varie unità logiche, il sintetizzatore di Joe è probabilmente uno dei più grandi sintetizzatori modulari mai realizzati, delle dimensioni di una stanza.
A fare da sorgente per questi differenti moduli sono proprio i dati scientifici della mia ricerca, insieme ad una serie di altri dati provenienti dagli esperimenti di fisica dei plasmi del laboratorio Alcator C-Mod del MIT.

Mentre la maggior parte di questi segnali venivano usati come sorgenti audio dirette, alcuni venivano adattati come inviluppi di modulazione.
La parte creativa dl questo progetto sta proprio nel collegare a mano le differenti patches in modo che ogni singola unità di dati venga espressa nella giusta combinazione di suoni elettronici. Una volta fatto questo, sono i dati stessi poi a prendere il controllo dell’evoluzione della traccia musicale, in cui l’intervento esterno è stato sostanzialmente nullo.
Il prodotto finale è una complessa e non ripetitiva traccia musicale, andata avanti ininterrotta per tutti i 5 mesi dell’installazione.

www.giannandreainchingolo.com/turbulence .
http://synth.media.mit.edu

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