Gli Uncle Muff sono un quartetto indie rock di Treviso che ha alle spalle tre dischi, uno dei quali è doppio ed è stato pubblicato di recente: From Nowhere To Nowhere. Abbiamo rivolto loro qualche domanda.
Cominciamo dalle presentazioni. Chi sono gli Uncle Muff?
Siamo una band di Treviso che ha come MISSIONE riuscire a rispondere alla domanda: MA CHE TIPO DI MUSICA FATE? Interpellati spesso su questo fronte normalmente cerchiamo di cavarcela gesticolando e confondendo le acque in vari modi.
Non potendo gesticolare per iscritto, diciamo che la spinta iniziale è quella di fare musica con sfumature sghembe, inciampanti, da dopo sbornia insomma, con poca essenziale chitarra, struttura ossea di basso, batteria oggettistica ed elettronica strappaconsensi. Ma non tutte le ciambelle vengono col buco e spesso si trova la bussola solo quando si smette di cercarla. Nel senso che l’ombra del rock tenta sempre di oscurarti, ma noi, pur amandolo, cerchiamo di girargli intorno il più possibile.
In questi tempi in cui tutti accorciano i dischi, voi avete pubblicato addirittura un doppio. Perché?
Dopo il secondo disco la formazione è un po’ cambiata e abbiamo fatto una lunga ricerca per trovare la nostra dimensione… Durante la ricerca nascevano brani con vita propria che mutavano a ogni prova e dovevano trovare pace e stabilità. Unico modo per farlo era fissarli in una incisione.
Avevamo una ventina di brani e siamo riusciti con gran fatica a sacrificarne quattro. Agli altri ci eravamo affezionati troppo e non potevamo lasciarli nel limbo in eterno! Alla fine, per conciliare il nostro sentire con le logiche di mercato, abbiamo concordato con l’etichetta di dividere il disco in due parti per pubblicarle a distanza di un paio di mesi. E’ nato così “FROM NOWHERE… TO NOWHERE”.
Perché avete scelto “Hen House” come singolo? Come nasce il brano?
La canzone è uno strumento meraviglioso che permette di cantare di qualsiasi cosa dalle questioni epocali agli aspetti più leggeri… possono essere iperrealistiche o sognanti, razionali o deliranti.. Questo è semplicemente un inno alle galline e alla loro vita di campagna, tra chiacchiere di pollaio prima di addormentarsi e bruschi risvegli quando il gallo decide che è l’ora.
È un pezzo leggero e spensierato che ben si presta a diventare singolo. Il testo è stato scritto da un’amica (Simonetta Barbon) e la musica, come è accaduto in qualche altro caso, è nata spontaneamente e in maniera quasi automatica cantando le parole.
Indicate Nick Cave, Tom Waits, Neil Young come riferimenti inarrivabili. Ma dei contemporanei, chi vi piace particolarmente?
I Dead Man’s Bones , duo statunitense in cui milita anche l’attore Ryan Gosling. Il loro album è stato realizzato in collaborazione con un coro di bambini di Los Angeles fondato da Flea dei Red Hot. La loro musica galleggia tra fantasmi, zombies e dolcetti/scherzetti.
I Black Midi , gruppo inglese multisfaccettato, in grado di entrare e uscire dal manicomio in giornata. Il Dallas di Treviso mettono in scena un recitativo isterico teatrale figlio di Cccp, Massimo volume e Offlaga disco pax. Ma tra i miti non dimenticherei nemmeno Captain Beefheart. E, più recenti, Pavement e Violent Femmes.
Quali sono i vostri piani per il futuro?
Il nostro obiettivo resta quello di suonare sempre di più LIVE e, il più possibile, in contesti affini al nostro genere e con pubblico ricettivo… ma in questo periodo parlare di futuro per le attività legate allo spettacolo e ai concerti è difficile.
È tutto molto nebbioso e il clima generale è di attesa, a volte sconsolata, a volte più ottimistica… siamo in una bolla di incertezza dalla quale, pochi giorni fa, abbiamo fatto uscire il video di THE SHELL (brano della seconda parte di “FROM NOWHERE TO NOWHERE”)… che si può vedere qui:
Un pezzo in cui incertezza, irrequietezza e indecisione la fanno da padrone! A parte questo, stiamo lavorando su un nuovo disco che al momento ha già 6/7 canzoni che scalpitano per farsi sentire.
Uncle Muff traccia per traccia
Il primo disco, From Nowhere, parte con un po’ di influssi rock e blues, grazie alla traccia d’apertura, una ben modulata The Last Call.
Si entra nel pollaio invece con Hen House, che gioca con tastiere quasi psych per allargare gli scenari sonori di un brano abbastanza divertito.
Handclap e un po’ di basso si occupano di animare un Unlikely Tango, ballo con qualche sorpresa e più malinconia che passione.
Sorrow inserisce una ballata esile e molto dolce nel contesto, con un po’ di Tom Waits alle spalle.
C’è una certa dose di sentimento, ma senza dramma, in Good dog, un blues elettrico che si snoda con calma.
Passo moderato e circospetto quello con cui Military Gloves si aggira, salvo poi salire un po’ di colpi, con cori ascensionali e una linea di basso piuttosto sofferta.
Le tastiere insinuanti tornano con la strana e serpeggiante Little Man, evidente figlia degli anni ‘70 quanto a suoni.
Idee più muscolari, ma non per questo esclusivamente distruttive, quelle contenute in The Demolisher, ricca di vibrazioni.
Il secondo disco To Nowhere ha inizio con una robusta Mr. Sunday, che viaggia dalle sensazioni desert rock iniziali alle derive psichedeliche finali.
Ruvida e appena addolcita dalle note alte del pianoforte 72 Drops, viva di contrasti e con parecchio Nick Cave nelle vene.
Non c’è moltissima gioia all’interno di Joy, uno dei pezzi più sofferti e oscuri del (doppio) disco. La coda finale si fa sempre più tempestosa e ricca di pathos.
Molto blues nei primi passi di Easy Wearing Face, altro brano portatore di una certa dose di drammaticità.
C’è bisogno di alleggerire un po’ l’atmosfera e ci pensa The Shell, un po’ Talking Heads e un po’ colonna sonora di Batman (il telefilm degli anni ‘70).
Molto waitsiano The Doctor, dal lato più ubriaco e sghembo dell’ispirazione del songwriter californiano, con tutto l’armamentario di trucchetti sonori a corredo.
Hallo procede con passo moderato a irrorare di blues e di piccoli suoni gentili. Non molto gentile invece Dawn Of the Dead, la preghiera zombie che chiude il lavoro.
Lavoro complesso nella struttura ma di facile digeribilità quello degli Uncle Muff, che fanno appello alle divinità del rock e del blues per un doppio album sicuramente completo, sfaccettato, ricco di idee e di ottime sensazioni.