Universal Sex Arena, “Abdita”: la recensione
Si chiama Abdita il nuovo disco degli Universal Sex Arena, pubblicato da La Tempesta/Kowloon Records. Anticipato dai due singoli Secret People e Horizon of Barking Dogs (quest’ultimo pubblicato anche sotto forma di videoclip), Abdita vede la collaborazione in tre brani di Luca Ferrari dei Verdena,
“Abdita parla di un viaggio verso il sud. Non c’è un punto geografico preciso, c’è un’idea di sud. Questo viaggio porta a incontrare popoli, paesaggi e musica che accolgono, mettono in pericolo, iniziano a nuovi stili di vita. Il sud scioglie le interazioni tra gli uomini, il sud scioglie il tempo e al tramonto scioglie tutto”.
“Il sole fa che il tempo rallenti, che il lavoro sia focalizzato su una dimensione più appropriata all’essere umano e che la natura abbia il vestito migliore: sempre. La contemplazione della vita diventa l’otium perfetto: l’amore, la natura, il tempo (la danza, la musica e il ritmo della vita)”.
Universal Sex Arena traccia per traccia
L’attacco di Secret People, che apre il disco, ha una baldanza e dei colori tali che fa pensare al progressive. Il pezzo in realtà poi si dipana su piani diversi, con una certa varietà di momenti e di ritmiche, risultando in un affresco sorprendente.
The Time Parlour, con Luca Ferrari dei Verdena, la prende alla lontana, e quando arriva trasforma il posto in una specie di bazar orientale, con suoni e percussioni arabeggianti, andamenti sinuosi, accenni, ammiccamenti e battimani.
Horizon of Barking Dogs, secondo dei brani con la partecipazione di Ferrari, è più nervosa, con contrazioni e spasmi che si rilassano in certi determinati punti. Chiude il terzetto di canzoni con Ferrari Radical Leather, insinuante e serpeggiante, tutta giocata su sentieri di ambiguità.
One Three si introduce con calma ma presto arriva l’impatto del drumming ad alzare di netto i toni. Passo pesante e vocette acute per Alongshore The River, che sembra voler introdurre a un suono tribal-elettronico, ricco di meticciato.
Like Home sceglie orizzonti electro-rock più diretti, con l’elettricità che per la prima volta prende il sopravvento in modo totale. Con Easy Beast i ritmi rimangono alti e tornano le sensazioni orientaleggianti, coniugate con bassi insistenti e cocciuti.
In Palermo You Can’t Have Me descrive percorsi altrettanto curiosi, mettendo insieme contesti geografici decisamente differenti: si va dal gypsy al far west con passaggi ipnotici sempre piuttosto pestati.
Un po’ più calma, sulle prime, Meridiem, ma la calma non è nel dna della band, che presto si agita anche in questo caso. Aetna riporta in Sicilia con intenti percussivi accentuati. Si chiude con Momentum, che parte di flamenco e prosegue con passionali istanze mediterranee.
Conseguenti e coerenti, gli Universal Sex Arena riescono a infondere ulteriore vitalità a canzoni che sembrano nascere di per sé già piuttosto agitate. Se la voglia di sperimentare è sicuramente presente, altrettanto lodevole è la volontà precisa di ottenere un disco che si possa apprezzare a diversi livelli e che presumibilmente dal vivo si trasformerà in modo anche più spettacolare.