Si chiama No Magic No Bullet il nuovo disco dei Veeblefetzer: dopo l’esordio con l’ep The Truth Is Overrated, il quartetto romano presenta il primo lavoro discografico sulla lunga distanza, su etichetta Goodfellas. Il disco è stato registrato su nastro e missato su banco analogico.
Registrato in analogico su nastro al Sud Est Studio, mixato al Gas Vintage Studio (Roma) da Daniele Gennaretti (Bud Spencer Blues Explosion, Vadoinmessico, Honeybird & the birdies, Luca D’Aversa) e masterizzato al Reference Studio [Roma] da Fabrizio De Carolis. La co-produzione artistica è stata affidata a Sante Rutigliano (Thee Elephant e Oh Petroleum).
Veeblefetzer traccia per traccia
L’apertura è tra il festoso e il circense, con Boom the Rhumba, piuttosto bombastica di natura, rumorosa e propensa a mostrare da subito le virtù rumorose dei Veeblefetzer (non le uniche).
Si prosegue con Monkey on my Back, sorta di rilettura di When the saints go marching in, immersa però in atmosfere molto più baldanzose e festanti, con fiati e tutto l’armamentario al proprio posto.
Cambio parziale di atmosfere per Valparaiso, che dopo una partenza tra l’oscuro e il losco suggerisce idee più solari ma sempre senza uscire da un percorso moderato e ironico. Money comes money goes si dipana su una strada a ritmi contenuti e cadenzati, non lontani da quelli del reggae, ma con un’attitudine meno luminosa.
E se le idee reggae all’interno di Money Comes Money Goes, scelto fra l’altro come primo singolo, erano accennate, nella lunga divagazione Money Dub esplodono in toto. Le radici punk emergono in pieno nella rilettura di The Guns of Brixton dei Clash, qui rivista con enfasi sul lavoro del trombone e delle voci.
How Long cambia lo scenario, ci riporta verso atmosfere anni Cinquanta e rimescola da capo le carte. L’organetto che introduce a Stop That Sound fa partire discorsi e atmosfere che non sarebbero dispiaciute al Tom Waits più giocoso. Change Your Mind si gioca la sua progressione tra rallentamenti e accelerazioni.
The Edge of a Street riapre l’armadio delle canzoni allegre, con trombe in sordina e ritmi movimentati. Si rimane sul giocoso e sui ritmi reggae anche con I’d Like to be inspired. Si chiude con i bassi di Jungle Down, sorprendente ballata blues condita dalle onde del mare.
Buona personalità anche se niente di esageratamente sorprendente nella strada disegnata dai Veeblefetzer con il loro disco d’esordio. Parere personale: dischi come questo avrebbero bisogno di una maggior capacità di sintesi, visto che alcune delle canzoni suonano come riempitivi, che magari in concerto possono anche trovare la propria collocazione migliore ma che in un disco inevitabilmente finiscono per allungare il brodo senza molto costrutto. Fatto salvo questo il disco è divertente e soddisferà gli adepti del genere.
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