Vespro è un giovane cantautore di Napoli, classe 1996, che ha di recente pubblicato il suo primo ep dal titolo Mediterraneo (uscito il 23 ottobre 2020 per Kumomi Records, la nuova realtà urban milanese). Un disco che si compone di chitarre elettriche, synth, violini e harmonizer che si fondono per costruire il primo vero mondo sonoro di Vespro, a cavallo tra introspezione ed emotività. Mediterraneo è un disco che non teme di risultare sfacciatamente pop, proponendosi anche come un contenitore di tormentoni atipici con venature urban, di cui è complice anche la produzione artistica di OMAKE.

Dentro Mediterraneo, profondamente autobiografico, ci sono tutti i luoghi che hanno segnato Emanuele Ruffo, in arte Vespro, dal Mediterraneo stesso, come i non luoghi del suo periodo universitario a Pisa. Le prime registrazioni del disco risalgono a prima della quarantena, e questo strano 2020 ha influenzato l’avanzamento della stesura di Mediterraneo, contaminando il tutto con un retrogusto dolce amaro, profondamente nostalgico.

Vespro traccia per traccia

Mediterraneo si apre con Anch’io e con quel verso che dice ripenso spesso ad anni fa, una dichiarazione. Realizzare di essere adulti, malinconia, distanza, dilatazioni, sentirsi fuori posto, sentirsi fuori e basta, quella sensazione che si prova quando non si ha mai una vera casa, quando non si sta mai bene davvero, da nessuna parte, neanche per un momento. Un brano di una tristezza infinita, che non suona triste per niente.

Segue la title track Mediterraneo. Separarsi, dimenticare una storia che si è appena chiusa, la vera difficoltà, sembra dire Vespro, è quella di restare. Il mare, che è un po’ come casa, soprattutto quando non c’è. Basi che sembrano venire dalla scena trap e urban, ma lasciano scivolare facilmente l’andamento pop della voce di Vespro.  

Quando non ci sono, l’ultimo singolo pubblicato ad anticipare il disco. Un tunnel sotterraneo di sentimenti, un attimo prima della fine. La colonna sonora di questo 2020, in cui ci si rende conto di star sprofondando, senza poter risalire. Empatizzare con la propria stanza, quando non si è presenti.

Agave, altro singolo che già conoscevamo. Manuale di scuse non richieste. Come quei brani che riempiono i locali, quando tutti se ne stanno andando, ma c’è ancora qualcuno che balla solitario. Auto-analisi che parte dalla filosofia della pianta dell’agave, che fiorisce per morire subito dopo, come a ricordare quanto volatile sia la felicità, non è niente di che. Vento sulle ferite, chiusura e sollievo.

Genere: cantautore

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