Un disco vittima dell’hangover: i Voina pubblicano Alcol, schifo e nostalgia, secondo disco portatore di ansie, rancori vari e idee confuse ma veloci. I Voina vengono da Lanciano (Chieti – Abruzzo) e nella primavera del 2013 pubblicano il loro primo ep interamente autoprodotto e diretto artisticamente da Manuele Fusaroli e Marco Di Nardo (Management Dolore Post-Operatorio).
Il 16 ottobre 2015 esce per l’etichetta milanese Maciste Dischi il loro primo disco Noi Non Siamo Infinito sempre al seguito dell’accoppiata Marco Di Nardo/ Fusaroli. Questo disco li porta a collezionare più di 60 date per tutta Italia arrivando a ricevere il premio del MEI (Meeting etichette indipendenti) come Migliore Band Emergente del 2016. Ora è uscito il secondo album, targato INRI.
Voina traccia per traccia
C’è una certa continuità tra Welfare, la traccia di apertura, e Io non ho quel non so che: una continuità elettrica e aggressiva, in campo rock indie e post punk, a velocità alte. La prima canzone si incentra principalmente sulle questioni del lavoro, mentre la seconda allarga lo sguardo a un modo di essere, o meglio di non essere in sintonia con il vivere comune dell’anno 2017.
Bere si dimostra altrettanto incisiva, trasformandosi lungo il percorso in una sorta di anthem (sui generis), con le sensazioni cattive che si allargano e incontrano momenti corali. Più cupa e intima Ossa, anche se la propensione all'(auto)distruzione prende poi la via centrale di un pezzo molto sofferto e sanguinante (“andiamo a fare schifo insieme” o “il rumore che fanno quando si abbracciano i nostri disturbi mentali” sono le immagini che rimangono).
Morire 100 volte prova di nuovo a trattenere l’ira, attraverso buone linee di basso e altre tecniche elettriche, ma non ci riesce e l’esplosione arriva, anche con qualche indizio di hip hop. Gli Anni 80 spareggia i tempi ma non lesina su aggressività e rimpianti. Il futuro alle spalle parte dal basso (elettrico) per raccontare storie di speranze negate.
Non è la Rai cerca di spiegare nel dettaglio la possibilità di scelte di vita diverse, il che è un po’ il fil rouge del disco. Insieme al cumulo di sentimenti negativi sfogati attraverso chitarre elettriche sempre tirate. Il Jazz non esprime propriamente un grande fascino per il genere di Miles Davis, utilizzato come simbolo di una vita che si detesta. Si parlava di hangover (o forse meglio usare l’italiano: sbornia, sbronza, fai un po’ tu). A illustrare la sensazione c’è La Provincia, che illustra nel dettaglio il discorso e le sensazioni che trasmette, chiudendo l’album.
Disco sostanzioso, anche importante, quello dei Voina, che fanno passi avanti rispetto all’album precedente, anche in termini di nichilismo. I sentimenti espressi dalla band sono sinceri in modo evidente, scavano fino all’osso e a volte fanno male anche soltanto ascoltandoli dall’esterno. Un lavoro convinto e riuscito.