Weet, “Piovono Gatti e Cani”: recensione e streaming
Il titolo è molto inglese ma Piovono Gatti e Cani è il romanissimo nuovo disco di Weet. Musicista autodidatta, chitarrista e bassista con rudimenti di tastiera e batteria, trasferitosi a Londra sei anni fa, cresciuto nell’ambiente rap romano nei contest di freestyle, trova la sua strada a Londra come one man band, Stefano Capece si è formato sul palco con una visione prettamente street, maturando in seguito un nuovo modo di fare musica.
Nel 2016 diventa Weet e pubblica il mixtape Bipolare con Street Label Records di Daniel Mendoza. Album che ha un ottimo riscontro nella scena rap ma manca di quello sparkle per essere qualcosa di più.
Rimessosi nuovamente a suonare, Stefano, grazie all’incontro con Mirko Petrini, lavora a un primo blocco di brani a partire dalla primavera del 2019: sono i primi pezzi che comporranno Piovono Gatti e Cani, che ha già due video puramente indie autoprodotti su Youtube Liberamente e Guccini e Gattini. Altro featuring importante e quello di Davide Borri in Gourmet.
Weet traccia per traccia
Attacchi di panico apre il disco su toni piuttosto robusti: c’è un po’ di rap su una base acustica, in un brano che racconta di ansia, insonnia e paura di morire.
Si fischia un po’ e si parla di De Andrè e De Gregori con Gente anacronistica, che racconta di amicizie rumorose su una base musicale minimale.
Si parla di gatti e di erba (non gatta) Con la faccia contenta, che in realtà parla con malinconia e ukulele di una separazione.
Un po’ più sciolta a livello di sonorità Gourmet, con la collaborazione di Davide Borri, un po’ di autotune e coretti allegri.
Ritmo cadenzato e un po’ di atmosfera danzereccia con Pizza americana, ma con qualcosa di straniante sullo sfondo.
Liberamente, con Mirko Petrini, esprime alcune certezze di vita, prepara un’atmosfera sonora leggera per esprimere concetti non banali.
Fitta, anche di riferimenti, ecco poi Psicofarmaci, con la partecipazione di Isabella Racca, che usa il pianoforte ma usa qualche ruvidezza per raccontare che non si muore d’ansia ma di ciò che cura l’ansia.
C’è il sax a introdurre Fragile, notturna e ricca di barre, dolcissima e vintage a livello di suoni ma ricca di rimpianti e immagini forti.
Ci si diverte con Imparare a suonare vol. 1 (skit). Si torna seri con Santa Pazienza, altro brano ricco di oscurità ma anche di rabbia, parlando di disuguaglianze e sa di storie vissute davvero.
Giro blues per Freccia Bianca, che racconta di un incontro e di alcuni eccessi liquidi. Il passato doloroso e un amore perso è il motore di una canzone sofferta.
Il basso apre il discorso di Guccini e gattini, con qualche riferimento ad alcuni ben noti colleghi, non sempre in termini lusinghieri ma con molta ironia.
La miscela offerta da Weet è interessante: il confronto fra cantautorato, rap, elettronica, ansia e sostanze, in salsa romana non è un inedito ma qui è svolto con una certa consapevolezza dei propri mezzi e il risultato è molto convincente.