Willie Peyote, “Iodegradabile”: la recensione

E’ passato in major anche lui (Universal, etichetta Virgin) ma non sembra proprio in vena di moderare i termini: Willie Peyote pubblica Iodegradabile, inno all’effimero. Anzi non proprio inno: Willie conserva la verve del grillo (absit iniuria verbis) parlante. Talvolta proprio del rompicoglioni. E’ un lavoro duro ma qualcuno deve pur farlo.

E siccome musica e parole vanno di pari passo, anche per merito dei fidati All Done (Sativa-Kavah-Bronzini-Romeo-Panza con l’aiuto di Picchioni), Willie indurisce i suoni, butta via il sacchetto dei giochi, si presenta faccia a faccia e manda in crash il sistema.

Willie Peyote traccia per traccia

Willie apre le porte in modo morbido al disco, con un’Intro fintamente accogliente. Ma è un’illusione che dura poco, perché già con Mostro arrivano i primi cazzotti: si parla di politica, di un governo del cambiamento che è già cambiato, di informazione, di rassicurazione. Il tutto in modo bello acido ed elettrico. Con esilarante riferimento a “quello più scemo” che “un po’ mi somiglia”.

Già ben nota La tua futura ex moglie, presentata come singolo e versione peyotesca di una canzone d’amore: un ritornello che oggettivamente spacca, e un contorno di pessimismi assortiti e di soddisfazione effimera, su suoni e ritmi che scivolano veloci e rotondi. Uscita dal brano con qualche memoria black, tra il malinconico e il postcoitale.

Quando nessuno ti vede si incentra sui consumi, parla di vibratori e del bordello (già chiuso) con le bambole a Torino, ma in realtà è un pezzo sui sentimenti, anche sui sentimenti di vergogna e pudore, forse le principali vittime di questi tempi convulsi. Il background qui è molto funky.

Invece Catalogo picchia sul drumming e si fa oscura fin dalle prime battute: anche qui si parla di tempo (“tutto è bene quello che finisce/uno nuovo mi sostituisce/ora che tutto invecchia prima”). L’obsolescenza programmata è ormai estesa anche agli esseri umani, che in fondo sono dei prodotti come gli altri, come suggerito da tutto il disco, fin dalla copertina.

Trenta secondi di Ncq Skit, poi ecco tutto il groove di una filtrata Che peccato, forse la più giocosetta di un disco che per altri versi è serratissimo. Il lavoro del basso ti tira dentro, i fiati ti tirano per aria, il testo sembra più sfumato, solo che alla fine riparte il torrente di parole. “Si stava meglio prima/ma prima quando? Prima!”

Miseri è quella che si presta di più ai paragoni, ora piuttosto ricorrenti, con Daniele Silvestri. Ma Willie ha una rabbia di fondo che, al contrario di Silvestri, raramente termina con il sorriso: infatti questa somiglia a un’invettiva, che fa pausa tra qualche dissertazione ultraterrena (“quant’è arrogante l’immortalità/…/morire è un indice di povertà”).

Si viaggia in notturno anche con Cattività, che sovrappone livelli diversi e mostra, quasi senza volere o comunque non parendo, anche una maturità sonora ormai conclamata. Climax interni portano ad affrontare i temi delle dipendenze, che non sono necessariamente quelle classiche.

“In fondo sono solo un rapper: cazzo vi aspettate?”: se c’è un Joker dei brani di questo album è Mango, canzone/pugno nello stomaco, cattiva nei suoni (ma con un retrogusto malinconico dato dal girettino sintetico sullo sfondo). Si parla di influencer, di social, sempre di politica, ma soprattutto di musica, tra I Cani e Battisti, e con il memorabile e tragico Mango morente, dipinto con tratti pittorici e scenografici, come un occhio di bue che si apre all’improvviso. “Io mi sento responsabile di ciò che scrivo/e non vi devo niente in cambio più di ciò che scrivo”. Un’epigrafe perfetta, prima del finale terribile ed elettrico.

Altro skittino con Equitalia, per alleggerire l’atmosfera prima di Semaforo, altra (più o meno) celebrazione dell’amore, che è come fare uno spettacolo. Ma anche qui è tutto effimero, passeggero, veloce come il verde di un semaforo, in mezzo a un panorama che sa di già visto e previsto.

Non dura tanto Iodegradabile, 34 minuti e 9 secondi. Del resto se vuoi parlare di effimero mica puoi fare un triplo cd. Ma è un tempo sufficiente a Willie Peyote per prendere la faccia dell’ascoltatore e raschiarla contro il marciapiede.

Perché è così che funziona: ti chiudi dietro il tuo paradiso autistico social e poi arriva uno, un rapper da Torino in questo caso, che strappa un po’ di veli e ti butta in faccia una serie di verità. Ovviamente soltanto per 34 minuti e 9 secondi. Poi i veli si richiudono e puoi far finta di niente. Puoi?

Genere: hip hop

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