zebra finkSi chiama Zeno il secondo e nuovo disco degli Zebra Fink, uscito poco tempo fa. La band è composta da Alberto Zucconi (voce e chitarra), Marco Cusenza (chitarra), Giulio Armanetti (basso) e Federico Merli (batteria). Dopo la pubblicazione del primo album, L’era del porno amatoriale, è partita un’intensa attività live con la possibilità di condividere il palco con Ministri, Zibba, Universal Sex Arena, Albedo e Landlord. Il nuovo disco mette a fuoco le influenze della band, in un panorama sonoro rock piuttosto aggressivo.

Zebra Fink traccia per traccia

Io sto bene, la traccia di partenza, catapulta l’ascoltatore nel bel mezzo del disco: il sound scelto è elettrico ed energico, con qualche riferimento al rock italiano degli anni Novanta. Tienimi lontano si abbraccia agli stessi capisaldi, alzando il volume ulteriormente, con una buona linea di basso a chiudere il discorso.

Egoista abbassa i ritmi ma l’elettricità rimane costante. I testi rimangono per lo più introspettivi, a volte anche in modo doloroso, come in questo caso. Si procede poi con Niente di speciale, che vede chitarre e drumming protagonisti in partenza, finché la voce entra e cambia il panorama del pezzo.

Elena Sa costruisce un ritratto ad aggressività crescente. Non esiste il tempo apre varchi su un’oscurità più profonda e tempestosa. I venti della tempesta continuano a soffiare anche su Non c’è più niente, che raggiunge ritmi e sonorità affini allo stoner. Codici è il pezzo con maggiori articolazioni, pause ritmiche, ripartenze e un finale prolungato. Rimpianti e ricordi sono la base di partenza di So che mi dirai, che chiude l’album con qualche momento in cui è necessario alzare la voce.

Buona la seconda prova degli Zebra Fink, che mettono a fuoco le proprie capacità effettuando scelte semplici, senza voler strafare. L’album che ne risulta è energico, ben scritto e molto corposo.

Se ti piacciono gli Zebra Fink assaggia anche: Hazan
2 thoughts on “Zebra Fink, “Zeno”: recensione e streaming”

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